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tutte le recensioni letterarie di questo blog

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- Per Tutte Le Altre Destinazioni - Fabrizia Pinna

- Il Delitto Dei Giusti - André Chamson

- Racconti A Vita Bassa(1) (2) - Nicola Sacco

- Madri E Figli - Colm Tòibìn

- Gomorra - Roberto Saviano Countinua a leggere »

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Su realtà e verità /2

La storia d’Abramo e d’Isacco non è documentata meglio di quella d’Ulisse, di Penelope e d’Euriclea. Sono favole entrambe. Ma al narratore biblico, all’Eloista, occorre credere alla verità oggettiva del sacrificio d’Abramo; l’esistenza delle norme religiose della vita riposa sulla verità di questa e di simili storie. Egli deve credervi con passione, o almeno – come ammettevano, e forse ancora ammettono, parecchi interpreti illuministici – doveva essere un bugiardo consapevole: non bugiardo innocente come Omero che mente per dar piacere, bensì un mentitore politico, ben consapevole del fine, e che mentiva nell’interesse di una volontà di dominio. Il punto di vista illuministico mi sembra psicologicamente assurdo, ma, anche se lo teniamo in considerazione, l’atteggiamento dello scrittore biblico di fronte alla verità della sua storia resta molto più appassionato e tendenzioso di quello di Omero. Egli dovette scrivere esattamente quello che esigeva la sua fede nella verità della tradizione, o il suo interesse, secondo la convinzione illuministica. In ogni caso, alla sua fantasia libera, inventiva o descrittiva erano posti limiti ristretti, la sua attività doveva limitarsi a redigere efficacemente la tradizione religiosa. Quanto egli esponeva non mirava dunque in primo luogo alla “realtà”, e se pur anche gli riusciva, ciò era pur sempre mezzo e non scopo; mirava invece alla verità. Guai a chi non credeva in essa! Countinua a leggere »

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Su realtà e verità

[…] Ma il fatto più importante è la complessità nell’intimo degli uomini singoli che in Omero è raramente percettibile, tutt’al più nella forma cosciente fra due possibili azioni: per il resto la molteplicità della vita psichica appare in Omero soltanto nel succedersi e nell’alternarsi delle passioni, mentre agli scrittori ebraici riesce d’esprimere contemporaneamente strati della coscienza sovrapposti l’uno all’altro e il conflitto fra di essi.

I poemi omerici, la cui cultura visiva, linguistica, e soprattutto sintattica, appare tanto più elaborata, sono invece relativamente semplici nella raffigurazione dell’uomo, e in genere anche nel loro rapporto con la realtà della vita che descrivono. La gioia dei sensi è tutto, e in quei poemi lo sforzo maggiore è di rendercela presente. Fra battaglie e passioni, avventure e pericoli, ci mostrano cacce e banchetti, palazzi e abituri di pastori, gare e giorni di bucato, sicché osserviamo gli eroi nella loro vita di ogni giorno, e osservandoli possiamo rallegrarci nel constatare come godano questa loro vita in atto, saporosa e colorita, leggiadramente inserita nei loro costumi, nel paesaggio, nelle cure quotidiane. E così essi c’incantano e ci attraggono e noi viviamo nella realtà della vita loro, e finché udiamo o leggiamo ci è perfettamente indifferente sapere che si tratta soltanto di favole, e che tutto è “inventato”. Il rimprovero, spesso rivolto a Omero, d’essere bugiardo, è un rimprovero insulso; egli non ha alcun bisogno di farsi forte della verità storica della sua narrazione; la sua realtà è forte a sufficienza: ci avvince, ci chiude nella sua rete, e gli basta. In questo mondo “reale”, per se stesso esistente, entro il quale siamo stati attirati, non c’è nessun altro contenuto, i poemi omerici non tengono nulla celato, in essi non esiste nessuna dottrina né un secondo senso segreto. Si può analizzare Omero, come noi abbiamo tentato di fare, ma non lo si può interpretare. Da certe tarde correnti critiche sono state tentate interpretazioni allegoriche che non hanno approdato a nulla. Egli resiste a un tale trattamento: le interpretazioni sono sforzate e bizzarre e non riescono a cristallizzarsi in una teoria unitaria. Le considerazioni di carattere generale, che si trovano sparse qua e là, manifestano un quieto abbandono a ciò che nella vita umane è ineluttabile, ma non il bisogno d’almanaccarvi sopra, e meno ancora un impulso passionale a ribellar visi, o ad assoggettarvisi in una dedizione estatica. Le cose stanno in modo completamente diverso nelle narrazioni bibliche. L’incanto dei sensi non è nelle loro intenzioni, , e se ciò nonostante agiscono vivacissimamente anche sui sensi, avviene perché i fatti etici, religiosi, intimi, ai quali unicamente mirano, si concretizzano negli elementi sensibili della vita. Il fine religioso determina però una pretesa assoluta di verità storica.

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Una realtà che levati

Non si ammette irrealtà della parola scritta (vergata nel Romanzo o nella Poesia da uno Scrittore) in quanto nella vita del genere umano non v’è niente di più reale. Più reale anche al cospetto della vita comunemente detta reale. Anzi, se c’è qualcosa di irreale nella vita del genere umano questo qualcosa è proprio la vita reale (comunemente detta), spesso condotta in modalità ’strambare’, appoggiata o impostata su sogni loffi o un po’ sballati, nella migliore delle ipotesi; delirante e segnatamente da incubo, nella peggiore.

Il libro di Giuseppe Giglio viene anche a ricordare queste parole di Vitaliano Brancati: “Il mondo è fatto di buoni libri: senza di essi, dietro di noi non ci sarebbe nulla; il mondo comincerebbe ogni mattina per finire la sera”.

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Summa ludica

Redigo, per gioco, la mia personale classifica dei libri letti nel 2010.

Ho pensato così: tre sezioni, una per l’attualità narrativa, una per la saggistica, una per i classici, ed i primi 5 classificati per ogni sezione.

Benché queste griglie non pretendano d’essere niente altro che un bilancio (neanche molto esaustivo) delle mie scelte nella veste di lettore - e in quanto scrittore, lettore in caccia di oggetti particolari, per sentieri contorti quandoché imperscrutabili –, sarei altresì curioso di calcolare medie ponderate con le panoplie dei libri più amati dai lettori di questo blog.

Precisazione: la sezione attualità non è appannaggio di libri pubblicati esclusivamente nel 2010 e mischia gli italiani con gli stranieri. Inoltre, la stessa risente della penuria delle letture fatte sulle pubblicazioni più recenti, essendomi dedicato molto di più ai classici. Questa la ragione per cui figura il dimenticabile Sorrentino. E d’altra parte, al quinto posto meglio lui che la terrificante inconsistenza di Io e te di Niccolò Ammaniti.

Attualità narrativa:

  1. SuttreeCormac McCarthy
  2. Tutta mio padreRosa Matteucci
  3. Signore e signoriAlan Bennett
  4. Ragioni per vivereAmy Hempel
  5. Hanno tutti ragionePaolo Sorrentino

Classici:

  1. Viaggio al termine della notteLouis Ferdinand Céline
  2. L’AdalgisaCarlo Emilio Gadda
  3. Morte a creditoLouis Ferdinand Céline
  4. GerminaleÉmile Zola
  5. FuroreJohn Steinbeck

Saggistica:

  1. Le AntigoniGeorge Steiner
  2. Scritti corsariPier Paolo Pasolini
  3. Sensi vietatiMassimo Onofri
  4. L’ingegnere in bluAlberto Arbasino
  5. Come scrivere un best seller in 57 giorniLuca Ricci

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Minchia!

Scrive Beatrice Blasonai su Nuovi Tegumenti: “Gli scritti del Sacco sono invisi alla sinistra perché le sue escursioni nel mondo dei reietti e delle bassezze umane non indicano riscatti, nemmeno sotto forma di lapsus; nondimeno l’autore può piacere alla destra data la sua ostinazione ad imbastire le trame del Male senza ricorrere ad alcuna maschera. L’Anaconda non può che essere abominata anche in epoca postideologica, come quella che si prepara: troppo radicale la funzione espressiva adoperata dal Nostro!”.

letteraria, minimi sistemi

mumble mumble

“Ma chi tocca Kafka, chi tocca Beckett, muore alla politica, è inutile che rifletta sull’uomo in quanto zoon politikon.” Questo afferma Alfonso Berardinelli recensendo Hamletica di un Massimo Cacciari indeciso a tutto.

Ora, non vorrei imbarcarmi in una cosa troppo più grande di me, e allora mi limito a porre ingenue domandine: ma Pinter flirtava con Beckett o no? Si può dire che Pinter sia stato uno degli esiti di Beckett? E la riflessione politica, vista la sua biografia intellettuale e civile, non è proprio uno degli approdi di Harold Pinter?