le torsioni dell'anaconda, letteraria

primarie vere

colui che scrive non sarà mai all’altezza di colui che muore

A. Camus

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altri spot

Guarattelle di poco momento

Nel quartiere dove abito c’è tanta sciagurata marmaglia tra i quattro e i dodici anni che gioca, schiamazza, delinque, ricatta, bestemmia, ride, piange, sputa, impara, cade, si ferisce, ruba.

Muzio, otto anni, da ieri ha un occhio bendato perché l’altro è pigro. La sua nuca, selvaggia di capelli raramente sfoltiti, ondeggia tra le figure fanciulle e già racchiude pulsioni inconfessabili.

Io sto qui seduto su gradini lebbrosi e a scarsi metri da me Muzio sta raccontando il suo sogno di stanotte ad altri meschinelli.

Dice di essere stato ingravidato da un bambino suo compagno, Stefano, di sei anni. È nata Arianna, partorita dietro un cinquecento parcheggiato qui nel cortile.

“Dice di averne fatti altri duecentocinquanta”, rivela Niki, un altro ragazzetto, intendendo canzonarlo.

Rido.

Ascolto e mi sbalordisco della fantasia onirica del mocciosetto.

Osservo Muzio e considero che tutte le scintille negli occhi di tutta la letteratura mondiale sono scoccate, o non avranno mai più da scoccare, nell’unico suo occhio. Ora spento. Anche se azzurro.


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ghiandola n. 90

Nel quartiere dove sto c’è tanta disgraziata marmaglia tra i quattro e i dodici anni che gioca, schiamazza, delinque, ricatta, bestemmia, ride, piange, sputa, impara, cade, si ferisce, non mi lascia tranquillo mai né concentrato sui libri.

Rizio, otto anni, da ieri ha un occhio bendato perché l’altro è pigro. La sua nuca, selvaggia di capelli sfoltiti troppo raramente, ondeggia tra le figure fanciulle e già racchiude pulsioni inconfessabili.

Me ne sto qui seduto su gradini lebbrosi e a scarsi metri da me Rizio sta raccontando il suo sogno di stanotte ad altri marmocchi.

Dice di essere stato messo incinto da un bambino suo compagno, Stefano, di sei anni. Ed è nata Arianna, partorita dietro un cinquecento parcheggiato qui nel cortile.

“Dice di averne fatti altri duecentociquanta”, rivela un altro, Michelino.

Rido mezzo sbalordito.

Osservo Rizio e penso che tutte le scintille negli occhi di tutta la letteratura mondiale, sono scoccate, o non saranno mai più scoccate, nell’unico suo occhio aperto, spento. Anche se azzurro.

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impietramenti

Mi sentivo fiero a mia volta di farmi vedere al suo fianco, ché ormai ero un attore che lavorava con Regista. Poi il conto lo sistemava lui.

[...]

Si andava alla Feltrinelli, mi faceva conoscere autori enormi che leggo ancora oggi. Acquistava una decina di libri e poi si tornava all’autosilo a ritirare la sua renò. Se ne usciva e si rinasceva al giallognolo artificiale della sera di Bari; al primo semaforo rosso lui si contorceva tutto per prendere la carrettata di libri deposta sul sedile posteriore per mettermene un quattro - cinque tra le mani, sigillando il gesto con un “questi sono tuoi”.

[...]

Avevo l’esame di statistica II – demografia in quel periodo e volevo dare morte violenta a trend, cicli, mortalità, zero natalità, nuzialità chi se ne frega, quozienti vari, flussi di popolazione, qualche pisciatina binomiale e buonanotte ai suonatori. Regista però non si voleva riprendere. Di giorno sembrava più sollevato, ma di notte tutt’altro, ero lo stesso e anche peggio di quel che ho detto, e chi era deputato a stargli vicino di notte, perché se si voleva essere artisti bisognava tirar tardi, ero sempre io. Mariella era un fantasma, un vestito di donna appeso dietro la porta della stanza di Regista.

diario di un giullare timido, letteraria, riflessioni su due ruote

l’amicizia è sagra

Alloggiavo in una pensionaccia di via Nizza. Ero a Torino per presentare Ghiandole alla Fiera Internazionale del Libro. Fissata in Piazza Italia, alle ore 14,00 del secondo giorno della kermesse, la presentazione collettiva degli autori della collana on the road (Prospettivaeditrice) mi chiamava a discettare di romanzo o letteratura (o giù di lì) generazionale. Ma questa era solo la punta dell’iceberg, diciamo la versione più consolatoria. Quel che poco si sa è che per la pubblicazone del mio libro avevo dovuto scucire 1200 euro, pagati in tre comode rate bimestrali di 400 euro ciascuna e, per la partecipazione in Fiera in veste di autore, mi era stato richiesto dall’editore la stipula di un contratto di agenzia con Interrete, gestita da un altro autore della stessa scuderia prospettica, contratto in cui si pattuiva un mio correspettivo di 750 euro a fronte di un’attività promozionale che non ha prodotto alcun risultato perché non c’è mai stata.

“Sacco, ma il contratto con Interrete non l’hai ancora fatto?” mi telefonò l’editore.

“No.”

“Muoviti, allora, sennò non posso accreditarti per la Fiera.”

Si trattava quindi solo di una dazione di testoni propedeutica alla partecipazione al Salone. Sapevo benissimo che avrei fatto meglio a starmene a casa a guardare il Giro d’Italia che iniziava proprio in quei giorni. Ma volli essere della partita. Non me ne pento anche perché mentre cenavo in solitudine nel ristorante sardo gestito dalla stessa pensione ebbi modo di conoscere i miei due vicini di tavolo. Due ragazzi di Novara che erano stati in Fiera per il loro puro piacere di lettori, i quali, ascoltando un mio resoconto telefonico della giornata, mi attaccarono un bottone di amicizia.

Così ho conosciuto Peter. Nell’agosto dello stesso anno fui ospite di Peter a Novara. Tra le altre cose facemmo una gita lungo il lago Maggiore fino poi in Svizzera. Questa gita meriterebbe di essere raccontata per bene solo per la varia umanità incontrata per strada e nelle soste e per il nostro particolare stato d’animo nell’estate del 2006, ma qui non c’è modo di farlo. Dico solo che in una pizzeria sul lago, dove ci fermammo a prendere un birra intorno all’una del pomeriggio, la signora calabrese che gestiva il posto, chiacchierando con quelli che dovevano essere i suoi unici avventori della giornata, si informò su di noi e sui motivi di quella nostra escursione. Per poi concudere con:

“Embè, fate bene. L’amicizia è sagra.”

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Lo spasmo di Ian

Va bene, allora ci torno sopra.

Ammetto di essere calato al peccato. Sul mio altarino personale c’è Di Pietro che fa capolino da un santino dietro un cero acceso. Di fianco al santino c’è pure la tessera dell’Italia dei Valori. Sono stato dark a quindici anni. Grunge dai diciassette ai venti. Poi mi sono innamorato del teatro e di ‘un maestro’. Ho scritto un primo libretto per raccontare i miei vent’anni e i modelli che mi ritrovavo allora. Ghiandole si apre su un concerto degli Al Darawish (oggi Radio Dervish) nel centro sociale Brioscine Meridionali, che fu forse la mia ultima esperienza giovanilistica, ma non per questo il concerto non fu strafantastico con il cuore che mi si apriva e mi si fondeva con tutta quella ressa per la bellezza della musica e della festa. Cosa che non accadrà mai più ai Radio Dervish. Sono stato iscritto per troppi anni ad Economia e Commercio, fidanzato in casa per sette anni e pettinato con la riga a destra. Ho pubblicato Ghiandole pagando milleduecento euro in tre rate bimestrali. Mi sono dato definitivamente alla scrittura e lavoro all’Auchan per finanziarmi la passione. Poi sono arrivati i Racconti a vita bassa e Quarup e non voglio stare a menarla ancora con questo intrico splendido e nodoso. Da qualche tempo il tesseramento all’IDV. Ieri sera però ho visto questo film . La colonna sonora ha inevitabilmente risospinto la mente verso la mia adolescenza. Lo script invece me l’ha riportata sul mio presente e futuro di scrittura: la strepitosa asciuttezza di una vicenda narrata senza leziosismi e romanticherie, in un cupo bianco e nero (non poteva essere immaginato diversamente un racconto sui Joy Division). Tutto per me è monito di andare all’osso.

Asciugare io asciugo. Ma resta lo spasmo di Ian.