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La mia sconcertante difesa di Silvio Berlusconi

VS. Saviano, l’ego della bilancia

Anche se non rileva, io provo sovrabbondante schifo per le parole dello scrittore Roberto Saviano a proposito di Silvio Berlusconi, messe in fila in quest’articolo apparso su La Repubblica del 18/01/2013.

Non che un intellettuale del suo prestigio debba per forza portarsi da terzista equidistante o da convinto astensionista o da fustigatore di questi e quelli o da pericoloso demagogo grillino. Mancherebbe. Però l’esposizione di idee così chiare su dove si collochi e chi incarni “la più logora e stantia delle proposte politiche”, lasciando intendere che vi siano un’alterità culturale e un’alternativa politica maggiormente degne dell’attenzione dell’elettore (cioè, in soldoni, meritevoli, al fine, del suo voto), fa pensare che lui, Saviano, lo scrittore, lo scrittore civile, quello contro tutte le mafie - contro tutte tranne una, beninteso, quella del gruppo editoriale che ospita le sue articolesse dai titoli sempre più papavoitiua (Lasciate tranquilli i bambini di Scampia, Lasciate che i gay adottino i bambini, e via evangelizzando)-, l’intellettuale che secondo alcuni si profilava come erede di Pasolini, ebbene fa pensare che Saviano debba essere scivolato nel più pericoloso degli ozii, per uno che si propone al grande pubblico col suo status e con la sua storia: deve cioè aver smesso di studiare, analizzare, approfondire. Peggio, deve essersi schierato, facendolo però nel peggiore dei modi, senza schivare il più letale dei mali per uno così: fodere e federe e spessi panneggi di bresaola sugli occhi, tappi di mozzarella di bufala negli orecchi, parmigiana partigiana e ribollita nella bocca.

Allora, anche se non rileva che mi sono scassato il cazzo, ma siccome mi sono scassato un po’ il cazzo, anche alla luce del mai troppo dibattuto caso del Monte dei Paschi di Siena, nauseato dalla mai sufficiente nausea che da quel porcaio deve discendere, intollerante verso lo strisciante giustificazionismo che attraversa mezza società italiana quando viene tirato in ballo il peggiore dei partiti possibili (detto chiaramente: il pd), voglio dire un po’ di cosette altre.

  1. Silvio Berlusconi non è il più indecente degli uomini politici di questo paese, così come non lo è la sua forza politica.
  2. Il concetto “ancora lui, basta” espresso in modalità Saviano, cioè, come lui vorrebbe, all’unanimità, è l’ennesimo orrore (o scempiaggine) totalitario/a.
  3. Non manifesterò mai (mai più) la minima forma di rigetto verso il solo Berlusconi.
  4. La verità è l’ultimo dei problemi anche per i suoi sedicenti avversari.
  5. Il cavaliere non è il solo a mettere su sipari, sceneggiati, battutine, fesserie. E comunque non è in alcun modo il più penoso. Allo stesso modo non è l’unico nel cadere in luoghi comuni e in storielle fasulle. Vero è, invece, che su queste ultime è stato smascherato mentre dovrebbe inquietare alquanto che su altre storielle fasulle né BersaniVendolaMontiIngroia né, sopra tutti, il presidente della repubblica Giorgio Napolitano, riescano a essere smascherati nonostante siano stati numerose volte sul punto di esserlo.
  6. Non mi sento affatto un idiota se ritengo Berlusconi, in qualità di buffone migliore di altri, appunto, migliore di altri. Immaginarsi la minchionaggine di chi gareggia sul suo stesso terreno, perdendoci “tempo, acqua e sapone” e ne viene sistematicamente sconfitto.
  7. Lui. Non ci ha ridotti sul lastrico. Lo ha fatto, semmai, qualcun altro. Non lui.
  8. Altri, molti altri, tutti, come lui, hanno “candidato chiunque”.
  9. Se nessuno deve prestarsi a fare da spalla a Silvio Berlusconi, impedendogli così di “montare e smontare sipari”, nessuno allora deve prestarsi a fare altrettanto coi personaggi citati nel punto n. 5.
  10. Sta’ a vedere ora che solo Berlusconi dileggia chi gli sta di fronte. È l’unico che “quando sente l’odore del sangue dei suoi avversari, attacca”?
  11. Screditato sul piano nazionale, internazionale, politico e personale. Ok, anche ad ammettere che ha avuto ciò che si meritava trovo comunque SPAVENTOSO che il medesimo disdoro non abbiano conosciuto i personaggi del punto n.5.
  12. Oltre ai processi pendenti “del povero Silvio” riguardanti le sue aziende e le sue abitudini private, vogliamo una volta per tutte lanciare un grande dibattito nazionale su quei fenomeni raffinatissimi e collaudatissimi, ma non per questo meno gravi, di corruzione, concussione, malversazione, malcostume, clientelismo, bancarotte, associazioni per delinquere, etc., dai quali è interessato pressoché tutto il sedicente centrosinistra in ogni sua formulazione, in ogni sua articolazione territoriale, con i relativi annessi, inevitabili, famigerati “problemi con la giustizia”?
  13. La fame di onnipresenza televisiva. Per mesi ho avuto conati di vomito davanti alla televisione. I mesi della campagna elettorale per le primarie del pd (oh, quale abominio gli studi di X-Factor e le musiche!), dello svolgimento delle primarie, e del dibattito nato a seguito dell’esito delle primarie … poi, è colpa del Berlusca pure se non si è in grado di cronoprogrammare lo sventolìo dei carichi da undici, se non si hanno i tempi comici e se, più in generale, ognuno ha il talento che ha? … e torniamo sempre lì. Alla minchionaggine del p. 6.
  14. Chiunque può verificare l’infondatezza e l’ipocrisia del ritenere che Berlusconi abbia reso questo paese più povero, più povero di infrastrutture, di risorse, di speranza, rendendolo “invivibile”. Da che ho memoria, se proprio vogliamo ragionare a spanne, questo è sempre stato un paese fottuto (mafia, DC, terrorismo, CAF, di nuovo mafia, mattanza di Palermo, camorra, mattanza con gli scissionisti, Falcone e Borsellino, Tangentopoli, il governo Amato e la manovra lacrime e sangue, la stagione stragista, etc.) anzi, a ben guardare, da quando c’è Berlusconi, dal 1994 in poi, non è che ne abbiamo viste di ogni, e brutali e sanguinarie, come prima del ‘94. La storia lo dirà.
  15. Lasciamolo parlare ma senza prestargli attenzione. A parte il fatto che se c’è stato un tempo in cui gli avete prestato attenzione allora avete voi avuto seri problemi, i soliti, a capirci un cazzo, la domanda è quella risaputa e ormai noiosa: quindi che facciamo? Prestiamo attenzione ai personaggi del p.5?

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La distribuzione dei dividendi. Magistratura SpA

A proposito di rivoluzioni e di civiltà


Il “giudice” che intenda darsi a, scendere in, salire a, prestarsi alla – fate voi, per me anche “gattonare in”, “levitare” e “spantegarsi ne” vanno più che bene - politica, può evitare di candidarsi immediatamente nello stesso ambito territoriale in cui ha esercitato e appena cessato la sua funzione giurisdizionale.

Ecco, seguendo questa norma di buon senso e di buon gusto (vogliamo anche dire di “civiltà”?), molti magistrati possono sottrarsi agevolmente all’accusa di voler far fruttare politicamente l’eventuale buona fama conseguita nel e col loro lavoro. Quelli che invece le contravvengono, finiscono per alimentare, non senza ragione, il chiassoso sbraitare contro la “giustizia a fini politici“.

Ora, uno come Ingroia, che spettacolarizza al massimo l’inchiesta sulla trattativa tra mafia e Stato italiano, uno che indaga su qualcosa che rassomiglia più che altro a un metacrimine, uno che concentra le sue indagini – e al contempo ci costruisce sopra la sua reputazione di inquirente, di “intellettuale” e ora di politico – su un fenomeno inquietante e seducente, ma soprattutto ubiquo nel tempo e nello spazio, ubiquo, ovvero trasversale, compresente, carsico oppure dilagante, nella Storia italiana e nel territorio italiano, bene, secondo me, uno così doveva evitare di entrare nella competizione elettorale italiana. Cioè sì, secondo me poteva “candidarsi a premier” ma in un ambito territoriale diverso da quello sul quale ha indagato. In Guatemala, appunto.

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Lasciate perdere il Bene. Una predica all’incontrario

Son maturi i tempi per passare dall’altra parte della barricata, schierarsi con l’illegalità e contro tutti i fenomeni di persone per bene.

Gente, unitevi nell’abominio e nell’abiezione, ammutinate le organizzazioni virtuose, sabotate il bene comune. Voialtri che ancora ci credete, speranzosi di buona volontà, io vi invito a salpare sul trimarano del Vizio per l’alto mare criminaloide. Capitanati dal mio Pensiero, vi assicuro una navigazione corsara per un approdo di illegittimità totale nella grande area portuale della Colpa della città di Infamia, nell’impero del Crimine.

Cominciate da subito le buone pratiche di delittuosità quotidiana: la domenica è dedicata a forare le ruote delle macchine dei vostri nemici. Ma se siete veramente mefistofelici, anche dei vostri amici.

Chi avesse voglia di aderire a cotanta disonorevole campagna, e non avesse la cittadinanza modugnese, può cominciare col chiederla al Comune di Modugno - sarebbe già a metà dell’opera, anzi no, sarebbe già proprio laureato honoris causa, propriamente qualificato in Mascalzonaggine di terzo livello (salterebbe in tal modo molti inutili passaggi formativi).

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improbabili endiadi

ma che significa percorso formativo “Mafia e Legalità” ?

io per me trovo prima di tutto interessante l’uso delle maiuscole che sembra attribuire pari autorevolezza all’Una e all’Altra. dopodichè mi chiedo: che vuol dire? che mi formi su come diventare e un buon mafioso e un buon avvocato di mafiosi? e alla fine che fai, me lo lasci un pezzo di carta che certifichi il compimento del percorso e la conseguita formazione?

Associazione Culturale

io che “scemo da giovanezza” e vorrei ficcare strali a tutt’andare contro questo modo inutile di fare i giovani che in modo sciacquo s’affrancano da certi altri abominati paradigmi giovanilisti, la mia idea che ’sto tipo di associazionismo sia una’altra figura del cazzeggiare forte, ce l’ho ben chiara. quindi voglio provare a vedere se arrivano delle risposte soddisfacenti a questa banale domandina:

Piazza Pubica, MA PERCHE’????

ebbene, le risposte arriveranno: piene di buon senso e valide argomentazioni. infatti ciò che li distingue non è la capacità di organizzare un tenue convegnuccio su criminalità e mentalità mafiose, imperocché la loro inemendabile bifrontalità quando si fa vicina l’ora delle scelte che contano.

in soldoni: nella pratica quotidiana non ci capiscono una beata fava di ciò che è mafioso e ciò che non lo è, oppure fanno le campane di legno e i sordi a’na recchia, ovvero i finti scemi.

lo stesso hanno fatto coi libri: serate letterarie polpettoniche di grande successo con autori, pretesi tali, che si autopubblicano nei modi che la Letteratura maggiormente esecra e poi … vai un po’ a verificare le letture. dico, le letture no dei autori - che si sa che logorroicamente scrivono più di quanto avaramente leggano - ma dei organizzatori stessi, i giovani, pretesi tali. va’ che uno inevitabilmente si deve porre il feral quesito:

Piazza Pubica, MA PERCHE’????

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Quando il sindaco ci lava l’onta

Davvero non si capisce di cosa debba chiedere scusa lo Stato italiano al Comune di Modugno. È vero, Saviano ha citato Modugno tra i numerosi comuni italiani che hanno conosciuto la sventura dello scioglimento del Consiglio Comunale per infiltrazioni mafiose. E con ciò? Dove sarebbe l’errore che il sindaco della città in questione si affretta – nell’ennesima, scomposta reazione - a segnalare ai giornalisti, senza peraltro individuarlo? Pare mica una notizia falsa. Tutt’altro. È semplicemente e chiaramente una notizia corretta, offerta come spesso si chiede che vengano offerte le notizie giornalistiche, nella sua nuda e semplice verità, senza corollari e commenti e filtri di alcun genere. Invece il sindaco di Modugno vibra di sdegno, digrigna i denti e mette su la grinta feroce: esige le scuse. E non una, bensì due volte, per un presunto doppio errore. Ma così parlando, si vien colti dal dubbio che sia proprio egli sindaco a chiedere di sorvolare sul fatto nella sua povera nudità per passare senz’altro al commento, all’interpretazione, all’opinione, quando non alla chiacchiera morta, al pettegolezzo, a quella, cioè, che si suole chiamare ‘fuffa’, ‘aria fritta’ , ‘paccottiglia’. Il Comune di Modugno fu sciolto “per fenomeni di infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso”, con decreto dell’allora Ministro degli Interni Mancino, firmato dal Presidente della Repubblica, e attuato dal prefetto di Bari. Bon e morta lì. Sindaco, se ne faccia una ragione e si legga magari anche le motivazioni, le quali, tra le altre cose, non sono affatto così prive di fondamento come pretende di far credere con le sue dichiarazioni ai giornali. “Frettoloso” è uno dei suoi giudizi, e però non tutti sono così “frettolosi” nel leggere le carte. Leggere, leggere. Leggetene tutti, qui. E non si erga, per favore, a interprete del sentimento dell’intera comunità, se mai ne esiste uno. Molti di noi modugnesi non hanno bisogno della sua difesa d’ufficio a petto dei presunti torti che ci farebbe lo Stato, tuttavia ci piacerebbe essere difesi dallo Stato per far fronte a “pressioni”, “intimidazioni” e “violenze” di natura mafiosa, qualora queste abbiano a verificarsi, esattamente come ebbero a verificarsi in un passato non poi così remoto.

altri spot

la trattativa tra stato e lingua italiana

Comunicato stampa del Quirinale: “Alla determinazione di sollevare il conflitto, il presidente Napolitano è pervenuto ritenendo dovere del Presidente della Repubblica, secondo l’insegnamento di Luigi Einaudi, evitare si pongano, nel suo silenzio o nella inammissibile sua ignoranza dell’occorso, precedenti, grazie ai quali accada o sembri accadere che egli non trasmetta al suo successore immuni da qualsiasi incrinatura le facoltà che la Costituzione gli attribuisce”.

Ma vogliamo porci l’unico interrogativo degno di attenzione di tutta questa storia?

MA COME DIAVOLO SI ESPRIMEVA IL “MITICO” LUIGI EINAUDI?

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come ti resisto io, come non ti liberi tu

riprendo dalla rivista Sud Critica questo mio articolo ispirato dallo sconcio travestimento a cui si è potuto assistere qualche giorno fa: l’Invasore che sale in cattedra mascherato da liberatore

25 APRILE E 1° MAGGIO A MODUGNO. I PADRONI RESISTENTI

di Nicola Sacco

Raggelante celebrazione del 25 Aprile a Modugno. Un corteo sfila per le strade cittadine come un idra a tre teste: ogni testa in cosiddetta rappresentanza delle istituzioni locali. Il sindaco Domenico Gatti, il consigliere provinciale Giuseppe Rana, il consigliere regionale L’Innominato.

In verità essi sfilavano secondo ben diversi criteri di rappresentanza. Proviamo a incolonnarli in ordine di importanza, illuminando al contempo ciò di cui essi sarebbero realmente rappresentativi:

1) L’Innominato: a quanto pare consigliere regionale udc, ma più sicuramente re del mattone a Modugno, cementificatore forsennato, elegantone a vanvera, fautore di un ritorno al vassallaggio diffuso, padrone qui di un partito di sedicente ispirazione democratico-cristiana allo stesso modo in cui può esserlo, padrone, il fondatore di un celebre partito-azienda, ma soprattutto signore assoluto di un paese bruttato da incessanti aberrazioni urbanistiche portate a suon dei suoi stessi progetti, dei suoi stessi cantieri, dei suoi stessi palazzi;

2) Giuseppe Rana: a quanto pare consigliere provinciale, sempre udc, sindaco per due mandati, dunque per dieci anni, gli stessi in cui ha lasciato che la città di Modugno fosse continuamente bruttata (magari dall’Innominato), fino ritrovarsi un centro storico ridotto ad immondezzaio, un paesone come un’unica concrezione di cemento che impazzisce in mille direzioni, e una qualità dell’aria che già come espressione grida vendetta – a Modugno la parola qualità non può in alcun modo accompagnarsi all’aria – , quindi diremo più opportunamente: un’aria pestilenziale, per la quantità di veleni in essa presenti che, studi epidemiologici  ed esperienza diretta alla mano, reca malattia e morte in troppe famiglie del comune. Si deve pure ricordare come durante il decennio Rana il segno del deterioramento spaventoso della qualità della vita sia dato anche da un radicale smarrimento del senso civico negli abitanti modugnesi (complice l’assenza di politiche culturali degne di queste nome) fino a un degrado e a un disagio e a un’angoscia vissuti praticamente ad ogni livello dell’esperienza civica;

3) Domenico Gatti: a quanto pare primo cittadino, sì, insomma, sindaco contro ogni evidenza, degno epigono di Giuseppe Rana, sebbene sia rimasto indelebile nella memoria di molti cittadini, crediamo per il carico di mistero e impenetrabilità che ancora porta con sé, l’arcano messaggio della discontinuità nella continuità, di cui si fece portatore  agli esordi della campagna elettorale del 2011. Alcuni detrattori col sangue agli occhi sostengono trattarsi semplicemente di carico di impenetrabile ipocrisia. Pare, infatti, che durante l’evo Rana, egli fosse uno, il primo, dei suoi assessori all’urbanistica – cosa che lo renderebbe dunque indubbiamente complice nella devastazione di un paese nonché concubino e di Rana e dell’Innominato – e pare, inoltre, che, sempre nello stesso periodo storico, da segretario del principale partito di maggioranza, quello democratico, abbia contribuito, da concubino appunto, a mantenere saldamente in sella il sindaco Rana, il quale, ad onta del perduto amor del Gatti, gli avrebbe anche fatto prima un incantesimo e poi pure una linguaccia nel mentre che passava a sistemarsi tra le fila dell’udc. Grazie a tale incantesimo, infatti, Rana avrebbe potuto insolentire a piacimento il partito democratico senza che questi arrivasse mai non solo a concepire sfiducia nei suoi confronti, ma nemmeno mai una forma di larvato scoramento, di timido distacco, di modesta incomprensione. Insomma, sotto la guida Gatti, si è riusciti nell’impresa di forgiare un partito totalmente esente da sussulti di dignità. Oggi, però, l’aspetto di più problematica decrittazione dell’amministrazione Gatti è questo: cosa aspetta ancora il sindaco a nominare un assessore alla cultura? Come mai quella carica è ancora vacante. Chi non siede su quella poltrona? Qual è il suo disegno? Cosa si nasconde dietro questa non-scelta?

Ora, si dà il caso che via sia un’indagine, condotta e ormai conclusa dalla magistratura barese, su una presunta associazione a delinquere: il sindaco Domenico Gatti sarebbe uno della cricca, l’ex-sindaco Giuseppe Rana sarebbe uno della cricca – altri consiglieri comunali di destra, centro e sinistra sarebbero coinvolti nella medesima cricca -,  … e poi ci sarebbe una sorta di convitato di pietra in questa cricca, un dominus, appunto un Innominato, o forse solo un Non Ancora Nominabile. Oltre che sconfortare, annoia, anche, il dover segnalare come si tratti sempre degli stessi intramontabili prepotenti di Modugno, quantunque si travestano da nuovi o trascorrano dal pd all’udc e viceversa: quelli che cambiano i regolamenti comunali nottetempo, in pieno agosto, mentre tutti dormono o stanno al mare (per favorire gli amici diversamente concubini con nomine intuitu personae ad incarichi tanto inutili quanto strapagati), gli stessi che violano il buonsenso e il buongusto urbanistico prima ancora delle stesse norme urbanistiche, gli stessi che consumano brogli elettorali tramite magheggi tipo inadempienze formali finalizzate all’alterazione della composizione dei consigli comunali, gli stessi cioè, che procedono speditamente con le più innovative tecniche di eliminazione dell’avversario politico , da sinceri e determinati nemici della democrazia.

Questi sinceri e determinati avversari della democrazia, sfilano, dunque, da “liberatori” nel giorno del 25 aprile, in testa ad un estenuato corteuccio. Ancora una volta consumando questo rituale indecoroso delle istituzioni che onorano “il giorno della …”, ovvero della qualunque cosa, senza che nessuno si mostri sensibile a cogliere il grande inganno ravvisabile nel fatto che, nel caso in questione, chi officiava il rito della “Festa della Liberazione”, premeditatamente soprassedendo sulla Liberazione come evento culminante di una civiltà della resistenza madre successivamente di una civiltà costituzionale, ebbene, È, proprio egli officiante, in realtà, l’abusivo della democrazia, o meglio “l’Occupante”.

altri spot, diario di un giullare timido, letteraria, minimi sistemi

“una sigaretta alla fine dei pasti…”, “fine del pastoo?!”