festa della mamma

Da “Passaggi”

letteraria

Perle dalla casa dell’essere

letteraria

tutte le recensioni letterarie di questo blog

- I Frutti Dimenticati - Cristiano Cavina

- Per Tutte Le Altre Destinazioni - Fabrizia Pinna

- Il Delitto Dei Giusti - André Chamson

- Racconti A Vita Bassa(1) (2) - Nicola Sacco

- Madri E Figli - Colm Tòibìn

- Gomorra - Roberto Saviano Countinua a leggere »

diario di un giullare timido

e non mi squaglio

Io che pure transitai dal modo à tiroir di RAVB alla vagotecnica dell’entrelacement della “via gràl o il parto dell’anaconda” già OK PER IL CASSETTONE, mia ultima, molto inedita e non meno versipelle (direbbe il principe De Curtis) fatica letteraria.

altri spot

All Inclusive

La mattina c’è da tornare a carreggiare il bolide. Ninì si riprende che più lemme non si può.

I faticatori alle sei già lo aspettano a Matera, Altamura, Gravina, via via fino a Bari.

Fuori di casa, alle cinque di mattina è finalmente un po’ più fresco. Con bibitoni di caffè in corpo, la cacarella già evacuata in una sciolta, non rimane che recarsi alla rimessa.

Nel suo pullman sono sempre saliti ragazzi innamorati proprio andati, gli stessi che poi a sera rimontano e sui sedili ultimi si mettono a barcagliare con le fanciulle arrapati sditando su patonze appena appena date e cazzi fuori fuori sparati, strappano le tendine di tela già scolorite e si nettano la genitaglia incontinente.

Ci montano su anche signore grosse come quartare coi piedi doloranti ancora prima di cominciare la giornata; ragionieri d’accatto eleganti fino a rasentare l’insensatezza; gli scemi dei villaggi; il controllore che va per travesta e non vede l’ora di confidare al conducente come il pene abbia ormai occupato il territorio; lobbisti, accomandatari, semipotenti, marmaglia a colori di seventy nike, scaramellanti a tutta manetta, brontoloni vegliardi incazzati per chissà quale governo ladro, cinquanta e sessantenni fatti di viagra per molestare i fiorellini che segano la scuola. Ciurma in età da preghiera che oltretutto t’appesta l’aria con le buste spitterranti cavolfiori e focaccione fatte alla carlona e poi sudore copioso a vanificare ogni divieto di fumare, anzi tutti fumati, crakkati innamorati mezzoguitti ridenti cristonanti dropout musigialli tasconati descolarizzati fitusi settuagenari universitari plurisderenati dai docenti spallati e geniali che prima dell’ultimissimo esame ti dicono IN CULO! E via, lasciata la facoltà per anni per sempre per viaggiare sul crocierone di Ninì.

Gli uniposca poi, quelli son sempre saliti da soli, coi loro abbonamenti vitalizi alla società ferrotranviaria, sulle loro minuscole gambettine prendono posto e certosini intraprendono miniature e figurette di cazzi in bocca e cazzi in culo a iosa, poi tante scritte e messaggi tipo GIANNI FERRETTI III C SEI TROPPO SOMMO, U.C.N. W BARI, MARCO È SOTTOPOMPA DA NICLA, CIAO NICLA SAI CHE CI HAI UNA BELLA TECNICA RISUCCHIOSA MA PERÒ TALVOLTA MI FAI SENTIRE I DENTI BY MARCO, MERDOSO DI UN MARCO SAI CHE FAI GRATTA VIA LA MUFFA DA QUEL TUO GLANDE LORDO BY NICLA.

letteraria

a tredici euro

“Che cazzo stai facendo?” disse il ragazzino pelato.

Un ragazzino coi capelli ricci stava cercando di staccare la bottiglia di coca-cola dallo spago che girava intorno al ciuccio e al quale era assicurata una indescrivibile quantità di roba.

“Fatti i cazzi tuoi!” disse quello con i capelli ricci, guardandolo appena con la coda degli occhi e facendo segno di starsi zitto. Riaffondò le mani tra pacchi di pasta e fiaschi di vino.

Il ragazzino pelato fece il giro intorno al palchetto posato sull’erba pietrosa, raggiunse quell’altro alle prese col ciuccio immobile e lo spinse via con violenza.

“Lascia stare la mia casa!”

Quello ruzzolò per terra e si rialzò furente pronto a restituire la pariglia. Ma c’era qualcosa che non gli quadrava.

“La tua casa?”

“Sì la mia casa, hai qualche problema?” Countinua a leggere »

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Minchia!

Scrive Beatrice Blasonai su Nuovi Tegumenti: “Gli scritti del Sacco sono invisi alla sinistra perché le sue escursioni nel mondo dei reietti e delle bassezze umane non indicano riscatti, nemmeno sotto forma di lapsus; nondimeno l’autore può piacere alla destra data la sua ostinazione ad imbastire le trame del Male senza ricorrere ad alcuna maschera. L’Anaconda non può che essere abominata anche in epoca postideologica, come quella che si prepara: troppo radicale la funzione espressiva adoperata dal Nostro!”.

le torsioni dell'anaconda, letteraria

Io Canto /1

Per aver combinato una melmetta mefitica da cui non ci si districa, in cui si rimane invischiati, avvinti, prigionieri, costretti a stare bassi, risucchiati, disperati, a confrontarsi quandoché a impastarsi con quel che si chiama il Male (motivo per cui ebbi a discettare di livellamento spirituale verso il basso, cognazione d’affetti coi via di testa, pensiero e dedica continua ai perduti):

Ed una lupa, che di tutte brame / sembiava carca ne la sua magrezza, / e molte genti fé già viver grame, / questa mi porse tanto di gravezza / con la paura ch’uscia di sua vista, / ch’io perdei la speranza dell’altezza.

[...]

Vedi la bestia per cu’io mi volsi: / aiutami da lei, famoso saggio, / ch’ella mi fa tremar le vene e i polsi.

Anaconda fu Lupa.

Per aver perseverato nella pleplea fino a spingermi ai bordi della grande voragine, laddove gironzola spaesato qualche morto mattocchio che qualcuno non ha ancora seppellito, mi figuro adesso il mio amichetto immaginario che mi consiglia per il meglio:

Ond’io per lo tuo mè penso e discerno / che tu mi segui, e io sarò tua guida, / e trarrotti di qui per luogo etterno, / ov’udirai le disperate strida, / vedrai li antichi spiriti dolenti, / che la seconda morte ciascun grida;

diario di un giullare timido, letteraria

sbisciolame

mi chiedo se non sono diventato alle volte il cliché dello scrittore squattrinato con l’assillo dell’affitto da pagare, una discreta riserva di rancore destinato ai lettori, e due parole sempre a portata di mano per deplorare il sistema culturale. senza dimenticare il non trascurabile dettaglio del capolavoro certamente pronto per essere dato alle stampe che tuttavia giace ancora inerte tra le altre sue cartule, misconosciuto, esanime, prossimo alle prescrizione come un verbale di multa mai notificato.

essì che protervo come sono non credo né alla scadenza né alla natura sanzionatoria (di eventuali trasgressioni) della mia opera, connotati a causa dei quali sarebbe già bollata come effimera o velleitaria, e l’autore segnalato come il più pernicioso degli appartenenti alla schiatta dei moralisti, numerario alla conventicola dei soloni sempre pronti a fornire plantari correttivi non richiesti, organico alla gens dei fanatici depositari nonché esimi illustratori dell’ideale di Giustizia, riuniti in cupola. (a proposito, appartenni all’IDV, mi svilii per bene e ora son più relativista del re).

ecco, a furia di restare relegato nell’autoreferenzialità potrei anche convincermi di essere uno di quella razza lì, però che si sappia: io non ho mai scritto di Michelino, Dàniel, Ninì, Gerardina, Corrado, Vita Maria, Innocenza, etc., pensando di essere migliore di loro. tutt’altro: io mi sono abbassato al loro infimo livello, e lì, impiombato, sto.

letteraria

Ingannamorte

Se l’era andata a cercare lo stronzone.

Ninì e l’autobus definivano insieme un grumo di dolore a quattro ruote che viaggiava su e giù, avanti e indietro, per strade provinciali.

Voleva solo parlare a qualcuno di suo fratello.

Quella volta una signora ben permanentata e vestita di cotone leggero era salita sul pullman, s’era seduta subito dietro di lui, il conducente, ed era bastata qualche sua parola di cortesia, un buongiorno detto cristianamente e, più tardi, un complimento per la guida così pacata e ferma, e ancora: “vuole due tarallini?”, per risvegliare in Ninì quella dolorosa paura della vita che, come un cane stuzzicato mentre dorme, si metteva a tumultuare nella cassa toracica e lo rendeva impossibilmente avido di un sorriso. Di un abbraccio magari.

Quella donna esibiva una tale espressione di benignità che, fatta la sua conoscenza, Ninì non poteva non ritenere giunta la volta buona per parlare finalmente del suo Beppe.

La donna, vedi il caso, s’era sempre gloriata d’essere una specie di missionaria e per questo se ne andava in giro per la città a fare del bene (o credendo di farlo!) facendosi ostinatamente carico dei problemi altrui. Detto più chiaramente: non sapeva farsi i cazzi suoi.

nicola saccoRacconti A Vita Bassa

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