letteraria

Le preposizioni tra grammatica e metafisica

Nel cambiarne i connotati, devo dire, ho molto ben colto il significato della trasfigurazione evangelica e fatto centro sui discepoli stranitisi e allucinati. In effetti, le immagini forniteci da Luca, Matteo e Marco risultano coerenti con il postulato hegeliano della trasfigurazione come “l’essere che si riflette entro se stesso”: Gesù è l’essenza trasfigurantesi (oltre che verità ultima); Countinua a leggere »

letteraria

Come ti cambio i connotati de la qualunque

Allora Gesù portò con sé Pietro, Giovanni e Giacomo sul monte Tabor.

Com’è e come non è, mentre “pregavano” Gesù prese a sbrilluccicare forte – luce propria? bah, non è dato sapere -, sfolgorava a’bbestia proprio; le sue candide vesti risplendettero anche più, fleshando, a’nnastro proprio. Countinua a leggere »

diario di un giullare timido

Sancta sanctorum e Ecclesiaste annastro

letteraria, riflessioni su due ruote

Eros. Tra patacche e mariologia

critica letteraria

Beatrice Blasonai recensisce “troppa grazia” di Nicola Sacco, sull’ultimo numero di Nuovi Tegumenti

l’intervento integrale

“Questa prova “erotica” certifica la grande levatura letteraria del Sacco, lo ratifica come Scrittore e lo glorifica come Regale Amante, a laterale conferma di una pregressa esperienza diretta, a causa della quale, la carne della sottoscritta, da buona testimone, ancora freme; ancora s’ingrossa, nel gabbiotto delle costole, il cuore mio. E qui siamo al topos: la fusione tra Arte e Vita. Ma poiché qui non si fanno recensioncelle giornalistiche, bando ai pettegolezzi appetitosi imbanditi dal critico per uccellare il lettore. Si passi alla disamina.

Pare, oggi, non siano in molti a percorrere gli stessi sdrucciolevoli sentieri praticati dal Sacco, e questi quasi da sconsiderato. Ma vediamo subito di quale avvertita sconsideratezza.

Modalità stilnovistiche afferrate e subito, con audacia, rovesciate, in quello che si potrebbe considerare un primo livello dissacratorio. La donna, angelicata fino a vederla come riflesso del “divino”, viene ad essere finanche contrariata. Ecco quel che accade, in queste pagine dense di secondi e terzi significati: Sacco assume il divino, o meglio, una sua (del divino) icona, per umanizzarlo/a, per farne il riflesso della Femmina. Impresa prometeica, come si vedrà, perché la madonna non è e non può essere Gesù, perché è donna che concepisce la sua carnalità come terreno di conquista per pochi eletti, dunque non può intendere la stessa carnalità, al par del Cristo, come dono all’umanità. Non è un caso, forse, che per queste ragioni (riducibili, al finale, alla diversità di genere) essa sia avulsa dal principio trinitario. E non è un caso che, come anche in questo racconto dal prepotentissimo sottotesto, gli eletti siano talmente pochi da esser rari, anzi da non esistere tout court. E non esistendo salvaguardano la natura “immacolata” di questa entità.

Le implicazioni filosofico-religiose testé svolte, derivano tuttavia da quella operazione principale, che è l’unica veramente erotica, che si sia compiuta nell’ultimo ventennio delle lettere italiane.

Molto diversamente dal film Paradise: faith, che pure si è citato a proposito di affinità con troppa grazia, non di ossessione religiosa si tratta ma di lenta scoperta dell’amore, e dell’amore, di un amore divino, in tutti i sensi, quindi anche nel senso religioso, quindi, da ultimo, della scoperta della fede come amore verso il suo Dio. La via a tutto questo, quel sentiero scabroso e periglioso cui si accennava, è certo inusuale e provocatoria, tuttavia a nessuno è dato di escluderla.

L’amore per la madonna nasce e si sviluppa in forza di un rapporto che di tutto si alimenta tranne che di dogmi, imposizioni, paranoie o sensi di colpa. In altri termini, gli strumenti tipici con cui la Chiesa cerca di affermare il proprio potere “nel secolo”, da questa narrativa sono messi al bando per far posto a credibili dimostrazioni di come il “sentire il sacro” sia il frutto di un’acquisizione progressiva, ovvero per manifestazione di caratteri, personalità e carismi, per naturale magnetismo, per irradiazione di “spirito”, pur essendo qui, la Madonna, un personaggio che si arricchisce di caratteri, man mano che il racconto procede, per attribuzione unilaterale di Angelo, nel suo crescendo di farneticazione, di delirio da “solitudine” e da “fatica”.”

Un racconto che ben ci informa dei recenti movimenti di pensiero del Sacco, dell’evoluzione del suo orientamento filosofico: “il partito preso” scacciato come un anofele, le verità precostituite come una malaria; accettare, piuttosto, che vi siano delle distanze da coprire, dure salite lungo le quali arrampicarsi, in cima alle quali il nostro Angelo immagina di trovare “il premio”. In definitiva, e un po’ banalmente, delle mete da raggiungere che sono magari intuite, mai pre-conosciute e a ben vedere, neanche mai conosciute del tutto.

C’è il processo amoroso, il motivo stilnovistico della “madonna dir vo’ voglio”, dell’assolutizzazione della donna, epperò esso appare, nella struttura del racconto, come ribaltato, o meglio ancora, come giuocato continuamente di specchi. Di tal che si confonde una donna angelicata fino al punto di farne riflesso del Divino con il Divino (una sua icona) assunto per poter essere sottoposto ad una umanizzazione che ha del prometeico (si vedrà), assunto cioè per ottenere dal Divino il distillato della Femmina.

Al di là delle implicazioni filosofico-religiose, ci pare, comunque, questa impresa, l’unica veramente erotica, e dunque esemplare unico di letteratura erotica, almeno nell’ultimo ventennio. Ad onta delle top-ten intasate da tutte le sfumature dei colori “a spirito”, erotismo balbettato dal ceto medio riflessivo, e delle astute quanto superflue (sempre in termini di reddito letterario, non certo di quel reddito più gratificante e mai abbastanza superfluo che è l’editoriale) cum-short(laddove il curatore vende per “erotico” tutta una paccottiglia che farà indrizzare l’uccello una volta, irrorare una passera un’altra mezza volta, dopodiché sarà tutto finito, manco che una sveltina; quando invece si dovrebbe rivolgere la massima attenzione, affinché la libido possa dispiegarsi, a un’esperienza caratterizzata dal massimo stress sensoriale, ovvero al soggetto che faccia del suo universo mentale il Tutto di cui l’eros abbisogna; allora sì, ne conseguirebbe il benefico e letterario effetto di una scrittura che non si esaurisce in una sola lettura; allora sì, potremmo tranquillamente escludere di essere in presenza di erotismo-patacca), Sacco mette in scena l’eterno “chiodo” che trapassa le sante carni di sempre, l’imperitura punta che, dall’origine della vita, tortura la santa carne della Storia. Un amore che, attraversando i molteplici stati della Materia, La riduce ad unità: dai “lombi in sudore” ai garretti, dalle bramate cosce alle gambe fattesi di marmo, e da questo al bronzo di una statua, dal prosaico metallo alla sua valenza ultraterrena. Un amore che, come fuoco che brucia ma non consuma, si autoalimenta di insoddisfazione, insoddisfazione per la finitezza dell’uomo; eros come eterno memento di imperfezione e limite e, al contempo, come assalto incessante alla barriera, sconfinamento, degenerazione e tracimazione nel “metafisico”. La scoperta, inevitabile, è quella dell’affratellamento conthanatos. Come inestricabilmente è sempre stato.

“Lo non-poter mi turba, / com’on che pinge e sturba”.

È il vedere soggettivamente, vale a dire l’avere “visioni” di quel viso e di quel corpo, che conduce all’estasi erotica. E nella misura in cui l’estasi è contemplazione del volto di Dio, essa è anche Morte in quanto passaggio obbligato (il morire) per poter essere ammessi al cospetto di Dio.

Beatrice Blasonai

Nuovi Tegumenti, n. 69, Dicembre 2012

letteraria, riflessioni su due ruote

La Recensione della Blasonai /2

Seconda parte del magnifico lavoro svolto dalla Blasonai attorno al mio racconto troppa grazia”

Un racconto che ben ci informa dei recenti movimenti di pensiero del Sacco, dell’evoluzione del suo orientamento filosofico: “il partito preso” scacciato come un anofele, le verità precostituite come una malaria; accettare, piuttosto, che vi siano delle distanze da coprire, dure salite lungo le quali arrampicarsi, in cima alle quali il nostro Angelo immagina di trovare “il premio”. In definitiva, e un po’ banalmente, delle mete da raggiungere che sono magari intuite, mai pre-conosciute e a ben vedere, neanche mai conosciute del tutto.

C’è il processo amoroso, il motivo stilnovistico della “madonna dir vo’ voglio”, dell’assolutizzazione della donna, epperò esso appare, nella struttura del racconto, come ribaltato, o meglio ancora, come giuocato continuamente di specchi. Di tal che si confonde una donna angelicata fino al punto di farne riflesso del Divino con il Divino (una sua icona) assunto per poter essere sottoposto ad una umanizzazione che ha del prometeico (si vedrà), assunto cioè per ottenere dal Divino il distillato della Femmina.

Al di là delle implicazioni filosofico-religiose, ci pare, comunque, questa impresa, l’unica veramente erotica, e dunque esemplare unico di letteratura erotica, almeno nell’ultimo ventennio. Ad onta delle top-ten intasate da tutte le sfumature dei colori “a spirito”, erotismo balbettato dal ceto medio riflessivo, e delle astute quanto superflue (sempre in termini di reddito letterario, non certo di quel reddito più gratificante e mai abbastanza superfluo che è l’editoriale) cum-short (laddove il curatore vende per “erotico” tutta una paccottiglia che farà indrizzare l’uccello una volta, irrorare una passera un’altra mezza volta, dopodiché sarà tutto finito, manco che una sveltina; quando invece si dovrebbe rivolgere la massima attenzione, affinché la libido possa dispiegarsi, a un’esperienza caratterizzata dal massimo stress sensoriale, ovvero al soggetto che faccia del suo universo mentale il Tutto di cui l’eros abbisogna; allora sì, ne conseguirebbe il benefico e letterario effetto di una scrittura che non si esaurisce in una sola lettura; allora sì, potremmo tranquillamente escludere di essere in presenza di erotismo-patacca), Sacco mette in scena l’eterno “chiodo” che trapassa le sante carni di sempre, l’imperitura punta che, dall’origine della vita, tortura la santa carne della Storia. Un amore che, attraversando i molteplici stati della Materia, La riduce ad unità: dai “lombi in sudore” ai garretti, dalle bramate cosce alle gambe fattesi di marmo, e da questo al bronzo di una statua, dal prosaico metallo alla sua valenza ultraterrena. Un amore che, come fuoco che brucia ma non consuma, si autoalimenta di insoddisfazione, insoddisfazione per la finitezza dell’uomo; eros come eterno memento di imperfezione e limite e, al contempo, come assalto incessante alla barriera, sconfinamento, degenerazione e tracimazione nel “metafisico”. La scoperta, inevitabile, è quella dell’affratellamento con thanatos. Come inestricabilmente è sempre stato.

“Lo non-poter mi turba, / com’on che pinge e sturba”.

È il vedere soggettivamente, vale a dire l’avere “visioni” di quel viso e di quel corpo, che conduce all’estasi erotica. E nella misura in cui l’estasi è contemplazione del volto di Dio, essa è anche Morte in quanto passaggio obbligato (il morire) per poter essere ammessi al cospetto di Dio.

Beatrice Blasonai

Nuovi Tegumenti, n. 69, Dicembre 2012

letteraria, riflessioni su due ruote

La Recensione della Blasonai /1

Al finale, la pallida sovrana delle Lettere degnossi inviarmi le sue preziose notazioni critiche attorno a troppa grazia, peraltro fresche fresche di pubblicazione sull’ultimo numero di Nuovi Tegumenti:

“Questa prova “erotica” certifica la grande levatura letteraria del Sacco, lo ratifica come Scrittore e lo glorifica come Regale Amante, a laterale conferma di una pregressa esperienza diretta, a causa della quale, la carne della sottoscritta, da buona testimone, ancora freme; ancora s’ingrossa, nel gabbiotto delle costole, il cuore mio. E qui siamo al topos: la fusione tra Arte e Vita. Ma poiché qui non si fanno recensioncelle giornalistiche, bando ai pettegolezzi appetitosi imbanditi dal critico per uccellare il lettore. Si passi alla disamina.

Pare, oggi, non siano in molti a percorrere gli stessi sdrucciolevoli sentieri praticati dal Sacco, e questi quasi da sconsiderato. Ma vediamo subito di quale avvertita sconsideratezza.

Modalità stilnovistiche afferrate e subito, con audacia, rovesciate, in quello che si potrebbe considerare un primo livello dissacratorio. La donna, angelicata fino a vederla come riflesso del “divino”, viene ad essere finanche contrariata. Ecco quel che accade, in queste pagine dense di secondi e terzi significati: Sacco assume il divino, o meglio, una sua (del divino) icona, per umanizzarlo/a, per farne il riflesso della Femmina. Impresa prometeica, come si vedrà, perché la madonna non è e non può essere Gesù, perché è donna che concepisce la sua carnalità come terreno di conquista per pochi eletti, dunque non può intendere la stessa carnalità, al par del Cristo, come dono all’umanità. Non è un caso, forse, che per queste ragioni (riducibili, al finale, alla diversità di genere) essa sia avulsa dal principio trinitario. E non è un caso che, come anche in questo racconto dal prepotentissimo sottotesto, gli eletti siano talmente pochi da esser rari, anzi da non esistere tout court. E non esistendo salvaguardano la natura “immacolata” di questa entità.

Le implicazioni filosofico-religiose testé svolte, derivano tuttavia da quella operazione principale, che è l’unica veramente erotica, che si sia compiuta nell’ultimo ventennio delle lettere italiane.

Molto diversamente dal film Paradise: faith, che pure si è citato a proposito di affinità con troppa grazia, non di ossessione religiosa si tratta ma di lenta scoperta dell’amore, e dell’amore, di un amore divino, in tutti i sensi, quindi anche nel senso religioso, quindi, da ultimo, della scoperta della fede come amore verso il suo Dio. La via a tutto questo, quel sentiero scabroso e periglioso cui si accennava, è certo inusuale e provocatoria, tuttavia a nessuno è dato di escluderla.

L’amore per la madonna nasce e si sviluppa in forza di un rapporto che di tutto si alimenta tranne che di dogmi, imposizioni, paranoie o sensi di colpa. In altri termini, gli strumenti tipici con cui la Chiesa cerca di affermare il proprio potere “nel secolo”, da questa narrativa sono messi al bando per far posto a credibili dimostrazioni di come il “sentire il sacro” sia il frutto di un’acquisizione progressiva, ovvero per manifestazione di caratteri, personalità e carismi, per naturale magnetismo, per irradiazione di “spirito”, pur essendo qui, la Madonna, un personaggio che si arricchisce di caratteri, man mano che il racconto procede, per attribuzione unilaterale di Angelo, nel suo crescendo di farneticazione, di delirio da “solitudine” e da “fatica”.”

(continua)

Beatrice Blasonai

Nuovi Tegumenti, n. 69, Dicembre 2012

funghi patogeni, riflessioni su due ruote

troppa grazia /14

L'Histoire Érotique


I più deformi e bavosi furono anche i più barbari. I pellegrini lo uccisero di botte.

(FINE)

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funghi patogeni, riflessioni su due ruote

troppa grazia /13

L'Histoire Érotique
“Ieri ti ho vista in tv. Eri bellissima. Non ho visto tutta la puntata per i troppi servizi a cui non ero interessato e la pubblicità, quindi per stanchezza a un certo punto sono andato a dormire. Però tu eri uno schianto.”


Dove sta confluendo quell’onda di struggente dolcezza che parte da te e ovunque io sia mi viene a cercare?
“Vista in tv generavi desiderio selvaggio. Oggi sono qui che vorrei prenderti e massacrarti di carezze. Se fossi un dio avrei un pretesto per accompagnarmi a te, ti porterei in una stanza coi parati arabescati bronzo-oro e io stesso mi sarei velluto che più a più ti avvolge e soffoca. E attraversata che avessimo tutta la giornata, dal suo tonfo notturno fino al primo mattino, ti farei ridire, ti sentirei ripetere «là era dio».”
Sono qui col desiderio che ad onta del fracco di legnate prese, del petto che duole ancora da urlare ad ogni respiro, cresce a dismisura, visita regioni della mente inesplorate, mai violate fino d’ora, il desiderio fatto sacra liturgia dell’attesa, finché mi offrirò come vittima sacrificale e non sarò più io bronzo, ma una sorta di autostrada fra noi e Dio.
“Mia sovrana, adesso però mi ci vuole la verità dei corpi inguainati. Adesso sento il bisogno del sesso sconcio. Mi urge che mi mordicchi mentre io mi muto in piantina officinale per i tuoi acciacchi.”
Leccami. Sono senza mutande.

(continua)

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funghi patogeni, riflessioni su due ruote

troppa grazia /12

L'Histoire Érotique
Io non so dire né immaginare cosa possa accadere. Magari non succede proprio un bel niente. Tu puoi tirarti qualche piacevolissima sega, io posso restare prigioniera del bronzo in cui vivo sospesa, con il viso cereo, gli occhi sbarrati, dove ho perfezionato fino allo stremo la liturgia dell’attesa e il raffinamento estetico e ontologico del desiderio.
“Seghe celestiali. Io però come una lesbica ti farei aderire al mio palato. Come un’ostia.”
Racconta meglio delle celestiali seghe. Effonditi sulle seghe. Io sono una bianca cattedrale che non si può sporcare. Sono un tempio di beatitudini. Le mie labbra sono wafer appena sfornati. Sono una vecchissima e sapiente vergine. Nessuno può violarmi. Nessuno mi ha mai avuta. Mai. Io so prevedere il futuro. So tutto, Angelo dei miei lombi. Ho già visto quello che farai. So bene cosa ti canterà nel cuore e cosa ti strazierà. So quando e come tirerai il fiato. Lo posso decidere soltanto io. Non mi farò incantare dal lucore degli occhi tuoi e da quello che dici e da quello che non mi hai detto. Ma io ho già capito.
“Davvero vedi il mio futuro? Questo è un modo come un altro per disporre di me. Se puoi decidere soltanto tu, ti prego di non essere cattiva con me, col mio fiato. Ma so che non lo sei. E via, vuoi che ti parli delle mie celestiali seghe …”
Subito!
“Ti rinsacco nel mio amore.”
Il desiderio come lievito metafisico tutta mi pervade. È uno struggimento indicibile. È come un’estasi che si fa di colpo agonia. Allora tutto mi duole e tutto mi tormenta e il desiderio mi comanda di essere folle, e più ti desidero e più mi manchi e più mi manchi e più godo del mancamento anche se è uno strazio, è uno strazio indicibile perché mai provato prima d’oggi, sto con gli occhi sbarrati e vitrei e guardo senza vederlo il cielo, tu sei l’astro nei mio lombi. Sei creatura arcana e inaccessibile ma a me intimamente familiare. Cosicché da lontano e per difetto io ti sento. E sentirti mi fa liquefare, come la transustanziazione. Voglio solo te. Ma non voglio prenderti io. Voglio essere presa. Perché se ti avessi voluto prendere l’avrei già fatto. Ma non voglio farlo. Devi essere tu a prendere me. Che non mi sono mai fatta prendere. E adesso ho paura. E non so se vinca in me la paura o il desiderio. E non so cosa mi abbia preso ma qualunque cosa sia non ci rinuncerò. Da te, dai tuoi silenzi che dicono ben più eloquentemente quanto non mi avresti mai detto, scaturisce una liscia, oscura ondata di dolorosa dolcezza che, ovunque sia, mi viene a cercare perché sperimenti quel genere di piacere cha fa già svenire solo a pensarlo.

(continua)

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funghi patogeni, riflessioni su due ruote

troppa grazia /11

L'Histoire Érotique
Vorrei capire perché non ascendi. Fai l’offeso? Dobbiamo parlare prima di un giorno.
“Niente affatto offeso.”
Sorridimi.
“Ho pensato ai tuoi orrori patiti, alle tue cicatrici. Questa curiosità mi ha indotto a immaginare di spogliarti. Non sono stato in grado di ragionare e non le ho trovate. Scusami se ho approfittato per palparti.”
Adesso puoi anche innamorarti di me se ti va. Ma devi proteggermi. Devi alzare una barriera con le preghiere, puoi farlo, tu sapresti come. Hai dei lombi magici. Prometti che mi proteggerai da tutti i postulanti, dalle grinfie delle lesbiche, prometti prometti prometti. Sorridimi anche se non mi vedi.

(continua)

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