Archivi per la categoria 'riquaderni dal carcere'

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sisifeide

la lingua non si staglia sullo scrimolo per proclamare la sua costernazione abbaiando alla sconcia italia. ci arriva appena, spolmonata e ascetica, sfiancata dalle impervie rampe. slombata la lingua che impara a “morire in bici”. s’acceca e si spaura quando che è al sommo, sicché la vertigine la ributta indietro. ricacciata giù per lo stesso versante appena scalato, tutta rovesciata e rattorta, ellalingua riattacca l’erta del dire le cose, ora anfanando ora cantando, quando imbestiando quando ricamando, ma sempre alla caccia della migliore adesione alla realtà (andata in fuga). non ha il gusto della pesca nel torbido perché non è ruffiana né cialtrona né puttana. la mia lingua. RAVB era cognazione d’affetti coi via di testa. e lo stesso l’Anaconda. sarà per il pessimismo di una visione della vita in salita ma almeno è costretta a ricercare la migliore funzione espressiva dei mondi che sceglie di narrare. ben altro che scrivere per mondadori! nevvero, saviano? nevvero, piccole editrici autodistruttive, fresche fresche del nuovo imperativo di mimesi mondadoriana?
nel momento in cui la lingua raggiunge la vetta sa che ha appena un attimo per gridare la sua invettiva congestionata, che poi non ha più tempo e deve rotolare giù a “svolgere il compito cui è stata chiamata” (direbbe qualcuno).
che fa lo scrittore, ancorché scrittore civile? non affronta l’arte di dire le cose, bensì l’erta di dire le cose.
e scusate se sono nicola sacco

riquaderni dal carcere

Il ventre molle della penitenza


foto di Fabio Ciampi

Muto il televisore poggiato su un piatto fissato con piastra a muro. Alto. Può venire buono se si decide di suicidarcisi annodando le lenzuola intorno al braccio metallico. Due armadietti in legno. Tutti stanno già a dormire nelle loro brande, letti avvitati ai pavimenti. Qui si avvita l’avvitabile, per ogni oggetto c’è una palla al piede di competenza. Non è vero che tutti dormono ma vero è che tutti cercano di farlo. La cella sarebbe completamente buia se i riflettori del corridoio non riverberassero al suo interno un bagliore a strisce. Circa mezz’ora fa gli altoparlanti hanno latrato SPEGNERE LE LUCI.
Aurelio detto SUGNA a tutta prima pare uno che sappia ascoltare, uno col quale si possa ragionare, un comprensivo insomma. Ma arriva sempre il momento in cui si convince che qualcuno gli abbia nuociuto e allora ti accorgi che è uno spietato di uomo e che non ci sono santi che possano fermare la sua mano. Uccide senza che la vittima si accorga di niente fino a quando non tira l’ultimo respiro. Sarà lui ad uccidere Donato Depechemode, quando tutti avrebbero scommesso che l’avrebbe fatto Rocco detto IL FORATO.
IL FORATO perché zoppica e zoppica in quanto gambizzato d’antan. Sarebbe il capo, il vessatore, tutta scorza e grandi scoppi di rabbia. Prima di farsi vincere dal sonno usa illanguidirsi sorprendentemente nelle sue lenzuola con un asciugamano intriso d’aceto avvolto intorno al capo. Sta sempre pateticamente un pò male.

L’oscurità più fitta negli angoli della stanza. Rocco tarda più d’ogni altro ad addormentartsi, perché al ’tempo’ viene difficile piegare la sua ossessione a vigilare. Se potessi alzarti senza essere notato, se potessi avvicinare, curvandoti sul suo corpo disteso, il tuo volto al suo, sfruttando un’immaginaria dote di invisibilità, potresti contempalre lo spettacolo di uno sguardo concentrato, annidato e sorgente dalla culla degli occhi sbarrati mentre tutti gli altri ronfano. Un precipitato di nervi tesi la cui tenuta è assicurata da una sorta di allarme permanente. A Rocco IL FORATO i denti gli si sono talmente guastati che non si esiterebe a definirli torsoli di mela. E Rocco IL FORATO se si vuole salvare deve aspettare il giorno in cui un plotoncino di madonnine di gesso azzurro verrà a posarsi su ciascuno dei minuscoli torsoli di mela che gli sbucan dalle gengive.

La preghierina della sera di Donato Depechemode:

c’è un ultimo David Gahan-tribute, tutta una kermesse anni ‘80 per i peggio sotti e commandos di tossici che esistano che, tra strobo cessi sveltine videotapes e desideri inappagati, abbiamo accumulato anche deficit di orientamento spaziale e sappiamo solo dire NON IMPARANGOSCIATEMI! In finale prendo sonno accusando fantini sul mio corpo.

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