Archivi per il mese di Luglio, 2011

letteraria

loro credono sia questa una recensione autobiografica?

Qualcuno, un Azazel, mi porti all’inferno e colà si porti pure il tormento e la bellezza del mio romanzo. Sì sì, anch’io scrivo solo per Jeshua, Woland e Margherita. Che per questo si additi al mondo la stolida irresponsabilità della camarilla degli “intriganti, conformisti e leccapiedi”, “fratelli in letteratura”, uomini di vaste letture e smagliante cultura, “gioiosamente dediti al loro vuoto” mentre nei vieti cerimoniali si incensano tra tartine e pizzette, per tacere di un “pesce persico au naturel“, delle “uova-in-cocotte con una purée di funghi in tazza”, e il sentimento gli si eleva ad altezze celestiali al cospetto rarefatto dei “filettini di tordo” e delle “quaglie alla genovese”. Io ci ho il mio fornetto dove appronto l’eterna zuppa “ignivomo lago”, sarei disposto a dividerla con la bestia Behemoth e il diavolo mi porti perché nel teatro della vita, e non nell’antivitale teatro del palcoscenico, ho imbrattato le anime belle. Pur non trascurando, prego notarlo, di insozzare la mia, vedomi oppugnato e un tantinello misconosciuto nella potenza figurativa del mio ingegno. Che il tram giustizi, opportunamente decollandoli, i direttori di riviste letterarie dalla “robusta erudizione”. Che qualche mia devota stregaccia rada al suolo le villazze dei parrucconi, loro già rasati con cura, che mi condurranno ai matti.

Alfine posso dire. Il mio, molto inedito, è il miglior romanzo dell’Unione Sovietica del secolo venturo.

diario di un giullare timido

e non mi squaglio

Io che pure transitai dal modo à tiroir di RAVB alla vagotecnica dell’entrelacement della “via gràl o il parto dell’anaconda” già OK PER IL CASSETTONE, mia ultima, molto inedita e non meno versipelle (direbbe il principe De Curtis) fatica letteraria.

letteraria

un caso modugnese di Letteratura dell’esilio

Capitolo Cultura a Modugno: si dessero le condizioni per un gran bel repulisti di banalità e frasi fatte, in questa città si perverrebbe alla felice scoperta che la realtà è ben oltre ogni immaginazione. Già, perché l’immaginazione pare attossicata dal luogo comune, e questi altro non sarebbe che idea approssimativa, quando non del tutto falsa, della realtà culturale, dunque ‘idea ricevuta’ sullo stato dell’arte locale. L’altra faccia di un conformismo che se fosse spazzato via (cara grazia) lascerebbe posto ad una sola, bellissima reazione: di stupore di fronte a un patrimonio “di cui non se ne ha l’idea”. Appunto.

“Qui non c’è niente, qui non c’è cultura o nessuno la fa”, sarebbe la prima pertinace convinzione a finire a gambe per aria.

Ciò che manca, invece, manca del tutto, manca in senso criminale, è una volontà politica, un principio organizzatore, un orizzonte, un disegno anche di corto respiro; a mancare drammaticamente, in due parole, sono le Politiche Culturali. Precisazione, anche questa niente affatto originale, ma utile non soltanto a erodere terreno al qualunquismo endemico, a sottrarre argomenti a quel luogocomunismo in servizio permanente effettivo che tutto confonde e annega, ma pure anche a reagire nei confronti di chi, dalla imprecisione e dalla indeterminatezza dei concetti – ciò che corrisponde all’azzeramento della coscienza critica -, ha tutto da guadagnare. Primo: non fornire alibi a coloro che già fomentano l’anestesia di massa e che a questa rinuncerebbero solo potendo promuovere un analfabetismo di ritorno.

Si vuole qui segnalare come la scena cittadina sia fitta di ‘attori culturali’: una moltitudine di soggetti (al netto di coloro che lo fanno velleitariamente) che si cimentano in ‘imprese culturali’: poeti, romanzieri, attori, registi per il teatro e per il cinema, danzatori, musicisti e pittori. Molti di questi hanno raggiunto traguardi di una tale rilevanza, addirittura internazionale, da poter essere considerati artisti di vaglia, talenti certificati, ove mai ce ne fosse bisogno, da palmares e onorificenze. Inutile sottolineare come tutto questo (le loro opere, la loro arte) succeda nel totale disinteresse e della città che se n’infotte e delle sue istituzioni, fatti salvi quei passaggi doverosi in cui ‘il fatto importante’ viene notiziato – e magari accompagnato da certo cinismo propagandistico.

Meteore. Meteore per Modugno ma non certo per chi di quel talento, di quella professionalità, di quella risorsa si avvale ogni giorno e, così facendo, la valorizza e la fa fruttare.

Un caso emblematico per tutti: Tommaso Di Ciaula. Scrittore (di poesia e di narrativa) di statura elevatissima, degno di essere collocato tra i giganti della letteratura italiana contemporanea – chi scrive, mentre scrive, temendo di averla sparata grossa, ci pensa su e … e non è che veda in giro tutti ’sti giganti e sì comunque, Tommaso Di Ciaula ben figurerebbe insieme a quei pochi viventi capaci di Letteratura in Italia.

Bene, occorre motivare un giudizio tanto esaltante. Occorre andare a vedere dove sta la sua grandezza. E mostrarla. E se dovessimo riuscire a dimostrare come e qualmente l’autore di Tuta blu meriti di essere considerato uno dei più importanti scrittori italiani, il passo successivo sarebbe quello di gridare allo scandalo per la difficoltà (di reperire i suoi libri) in cui s’imbatte oggi chiunque voglia accostarsi alle sue opere. Dopodiché sarebbe inevitabile invocare un’iniziativa ‘politica’, almeno sul piano locale, per tentare il rilancio o una nuova diffusione dei suoi scritti. Countinua a leggere »

letteraria

Su realtà e verità /2

La storia d’Abramo e d’Isacco non è documentata meglio di quella d’Ulisse, di Penelope e d’Euriclea. Sono favole entrambe. Ma al narratore biblico, all’Eloista, occorre credere alla verità oggettiva del sacrificio d’Abramo; l’esistenza delle norme religiose della vita riposa sulla verità di questa e di simili storie. Egli deve credervi con passione, o almeno – come ammettevano, e forse ancora ammettono, parecchi interpreti illuministici – doveva essere un bugiardo consapevole: non bugiardo innocente come Omero che mente per dar piacere, bensì un mentitore politico, ben consapevole del fine, e che mentiva nell’interesse di una volontà di dominio. Il punto di vista illuministico mi sembra psicologicamente assurdo, ma, anche se lo teniamo in considerazione, l’atteggiamento dello scrittore biblico di fronte alla verità della sua storia resta molto più appassionato e tendenzioso di quello di Omero. Egli dovette scrivere esattamente quello che esigeva la sua fede nella verità della tradizione, o il suo interesse, secondo la convinzione illuministica. In ogni caso, alla sua fantasia libera, inventiva o descrittiva erano posti limiti ristretti, la sua attività doveva limitarsi a redigere efficacemente la tradizione religiosa. Quanto egli esponeva non mirava dunque in primo luogo alla “realtà”, e se pur anche gli riusciva, ciò era pur sempre mezzo e non scopo; mirava invece alla verità. Guai a chi non credeva in essa! Countinua a leggere »

minimi sistemi

SUDCRITICA

IL SINDACO PDUDC CHE SI CREDE BERLUSCONI

minimi sistemi

L’ASSEMBLEA DEI GATTIPARDI

IL NUOVO CONSIGLIO COMUNALE DI MODUGNO.