Archivi per il mese di Dicembre, 2008

Senza categoria

stati generali

di malaffare son rimaste solo certe donne

certi comunisti continuano a sognare incubi

lai-là-làà lai-là-lààà

 

altri spot, diario di un giullare timido, letteraria, minimi sistemi

Lo spasmo di Ian

Va bene, allora ci torno sopra.

Ammetto di essere calato al peccato. Sul mio altarino personale c’è Di Pietro che fa capolino da un santino dietro un cero acceso. Di fianco al santino c’è pure la tessera dell’Italia dei Valori. Sono stato dark a quindici anni. Grunge dai diciassette ai venti. Poi mi sono innamorato del teatro e di ‘un maestro’. Ho scritto un primo libretto per raccontare i miei vent’anni e i modelli che mi ritrovavo allora. Ghiandole si apre su un concerto degli Al Darawish (oggi Radio Dervish) nel centro sociale Brioscine Meridionali, che fu forse la mia ultima esperienza giovanilistica, ma non per questo il concerto non fu strafantastico con il cuore che mi si apriva e mi si fondeva con tutta quella ressa per la bellezza della musica e della festa. Cosa che non accadrà mai più ai Radio Dervish. Sono stato iscritto per troppi anni ad Economia e Commercio, fidanzato in casa per sette anni e pettinato con la riga a destra. Ho pubblicato Ghiandole pagando milleduecento euro in tre rate bimestrali. Mi sono dato definitivamente alla scrittura e lavoro all’Auchan per finanziarmi la passione. Poi sono arrivati i Racconti a vita bassa e Quarup e non voglio stare a menarla ancora con questo intrico splendido e nodoso. Da qualche tempo il tesseramento all’IDV. Ieri sera però ho visto questo film . La colonna sonora ha inevitabilmente risospinto la mente verso la mia adolescenza. Lo script invece me l’ha riportata sul mio presente e futuro di scrittura: la strepitosa asciuttezza di una vicenda narrata senza leziosismi e romanticherie, in un cupo bianco e nero (non poteva essere immaginato diversamente un racconto sui Joy Division). Tutto per me è monito di andare all’osso.

Asciugare io asciugo. Ma resta lo spasmo di Ian.

 

festa della mamma, la miglior vendetta

Carta di caramelle

Improvvisamente mi sono vista uscire da una bolla acquosa e prendere forma. Improvvisamente è iniziata la mia seconda vita.

La sfera è fatta prevalentemente di acqua. Acqua salata ma limpida. Da qualche minuto sulla sfera si è formato un riflesso nel quale è possibile scorgere i tre quarti di un uomo sulla cinquantina, magro, il volto scavato ma l’aria distinta. La sfera rientra in una costellazione di sfere tutte molto simili tra di loro, tutte fatte di acqua leggermente salata. Tutte raggruppate sopra il labbro.

Quando mi sono accorta che mi era cominciato il sudore freddo ho lasciato la fila allo sportello della stazione e sono corsa in bagno per darmi una sistemata. Ho tamponato il sudore con un fazzolettino di carta che ho buttato via nel cestino e mi sono guardata allo specchio con le mani appoggiate sul lavello. Le braccia mi tremavano ma dopo un pò il mio corpo aveva cominciato a trarre beneficio dal contatto con la superficie fredda del piano liscio in cui sono incassati i lavandini. Mentre esaminavo il mio volto nello specchio sono riandata alla scialba immagine di quell’uomo riflessa nello spicchio della bolla. E gli spicchi di ciascuna delle bollicine di sudore che mi imperlavano il labbro mi replicavano l’immagine di quel bastardo in un effetto prisma che ha sancito in via definitiva il mio odio per questa persona. Tutto qui. Prendere atto di questa rinascita all’odio è stato questione di un minuto. Ho dato due colpetti con la mano per aggiustarmi i capelli e sono uscita dalle latrine rovistando nella borsa alla ricerca del cellulare. Le mie dita, come mosse da un estraneo, frugavano agitate tra uno specchietto sbeccato e il portamonete, restavano impigliate tra la pinzetta delle sopraciglia, il mazzo delle chiavi e la lima per le unghie. Il telefonino non lo trovavano mai. Ancora lì tra carta di caramelle, deodorante e borsellino portadocumenti, poi il caricatore del cellulare. infine il cellulare.

Decisi di tornarmene a casa. Composi il numero del mio capo e lo avvertii: mi sono sentita male per strada, non mi sono ancora ripresa, non posso venire al lavoro.

foto di
Fabio Ciampi

altri spot

Calici e pagine. Idee regalo

1.   2.  3.  4.  5.

1. Borgogna

2. Sette storie gotiche di Karen Blixen

3. Nerello Mascalese (rosso etneo)

4. Il cavaliere e la morte di Leonardo Sciascia

5. Primitivo (rosso terra di Bari)

diario di un giullare timido

1988-1991

Grazie ad ALIAS del 6 dicembre scorso, uscito con una copertina su la Bibbia Gotica (Arcana, pp. 433, euro 19,50) di Nancy Kilpatrick, ho potuto rituffarmi nei miei sedici anni, età in cui esplorai i territori della new wave e la sottocultura dark. Decisi di essere della partita, un goth, di calcare quella scena lì e di diventare uno in nero. Ricordo che indossavo dei jeans elasticizzati neri, un po’ scaduti sul cavallo, visto che ero e sono tuttora un senza culo, nel senso che non ho chiappe. Non temevo il ridicolo e non mi fregava se mi ridevano dietro. Ancora oggi mi capita, anche sul lavoro, che mi domandino: “Nicola, e il culo? L’hai lasciato a casa?”. Ma tornando ai tempi, mi piace ripercorrere quel mondo di dark alle vongole. Ricordo anche che pensai di arrivare a spararmi della roba in vena per raggiungere un certo stato mentale e dell’anima, che forse mi mancava.

E se questo non successe qualcosa voleva pur dire. Vuol dire che alla fine della fiera era sempre meglio tornare la domenica a mangiare la lasagna della mamma. Il chiodo fisso della magrezza fino al sabato, ma la domenica è sempre domenica. Dovevo essere quello che la Kilaptrick definisce un poseur. Ci si fermava a qualche cannetta e neanche troppo spesso, ché a sedici anni con la paghetta settimanale di dieci mila lire dove potevi andare? Ci si imbucava nelle feste, ancora fatte in casa, a Modugno, Bitonto e Palo del Colle, dove si riusciva a forzarle a tal punto che un diciott’anni impostato sui trenini e pe-pe-pe-pe-pe-pe-pe-pe poteva anche svoltare non dico sui Christian Death o Siouxsie and the Banshees ma sui Cure e i Depeche Mode, beh questo sì. Il concerto dei Depeche Mode a Pasadena era senza dubbio il momento che prediligevo e chi mi procurava deliquio. Il look prevedeva scarpe con punta metallica abbacinante, maglie e camicie larghe abbottonate bene fin sotto il mento e portate rigorosamente fuori dai pantaloni ma poi ognuno personalizzava come più gli garbava, con spilloni e impermeabili tenebrosi. Le zazzere sguinciate portavano poi gli adulti che ci osservavano a una pericolosa criminalizzazione dei nostri barbieri. Voglio però tornare su un punto: la magrezza come dogma di fede. Ma l’avete visto oggi Robert Smith?

   

Gradite risposte di darkacci sopra i quaranta.

letteraria

disSATISFICTION

Giampaolo Serino potrebbe anche tornarci su:                                                                              Guarda l'immagine nelle sue dimensioni reali.

 

[...]Naturalmente, si potrebbero fare altri nomi “promettenti”. Ad esempio Nicola Sacco, barese, del ‘74, che ha pubblicato i bellissimi Racconti a vita bassa (Quarup, 2007) o Antonio Manzini, sceneggiatore e attore, che ha scritto Sangue marcio (Fazi, 2005) e sta per tornare con un libro Einaudi; e nomi di promesse poi non mantenute, scrittori bravissimi al primo libro e caduti poi sul secondo, come Mario Desiati (in Neppure quando è notte ha scritto uno degli incipit più belli degli ultimi anni, poi è entrato anche lui nella grande famiglia di Siciliano…).

Rimarrebbero infine le donne - Fabrizia Pinna detta Bizia, Per tutte le altre destinazioni (Quarup, 2007), ragazza notevole sotto tutti i punti di vista; o Rosella Postorino, La stanza di sopra (Neri Pozza, 2007) o addirittura Rosa Matteucci, se non fosse che la pubblica Adelphi. Ma, da inguaribili maschilisti, siamo convinti che l’ultima donna capace di scrivere sia stata Virginia Woolf. Che non era neppure italiana.

Luigi Mascheroni,  (Il Domenicale)