La crescita del consenso per Putin alimentata dalla riemersione di quella fetta di opinione pubblica che si ritiene comunista o di sinistra, o di sinistra radicale, si spiega così: Vladimir Putin e tutte le sue gesta sono il classico, direi standard, prodotto del comunismo sovietico, quindi del comunismo tout court, dato che non si dà un comunismo diverso da quello storicamente sperimentato.

Il fatto che il presidente russo sia anche apostrofato come carnefice nazista non deve sorprendere: le due ideologie totalitarie sono pari in tutto, sovrapponibili, identificabili. A questa parificazione di due sistemi sostanzialmente criminali e parimenti genocidi ha provveduto pochi anni fa il Parlamento europeo. Dunque Putin può essere dipinto indifferentemente con la maschera del macellaio nazista un giorno, del devastatore comunista il giorno dopo.

L’interscambiabilità, se non smascherata, fa gioco a tutti e può essere usata secondo la convenienza di ciascuno e del momento. Infatti, di questa interscambiabilità Putin per primo si è giovato: se ci si va riprendere il famigerato suo discorso che annunciava l’ “operazione militare speciale” balza agli occhi come gli obiettivi enunciati a giustificazione dell’invasione sono, in un modo apparentemente farneticante, sia la decomunistizzazione che la denazificazione dell’Ucraina. Forse Putin è un democristiano?