Da mesi rovisto tra libri e cinema quasi esclusivamente a scopo di ricerca. Voglio dire, non prorpio per il piacere di farlo. Il lavoro cui mi sono dedicato da un anno a questa parte volge al termine ma non smetto di farmi suggerire suggestioni e soluzioni. Sì, perché ci sono sempre momenti, durante questo lavoro, in cui ci si arena, ci si ritrova un po’ scorati in una strada apparentemente senza uscita. Le provi tutte, cambi direzione mille volte, ma tutto quello che escogiti ‘non funziona’, ‘non regge’, o è ‘fuori tono’. Allora può essere importante andare a vedere come altri, in situazioni analoghe, se la siano cavata. Come hanno risolto questi momenti critici. Questo presuppone un gran dispendio di tempo ed energie perché quello che cerchi, a meno di non avere una gran botta di culo, non arriva subito. Devi prenderne di abbagli: sbagliare le letture (tipo Corpus Christine di Max Monnehay) e assopirti davanti ai film (come davanti a Brazil di Terry Gillian). Ma poi t’imbatti in Dentro le mie mani le tue di Marosia Castaldi (722 p., Feltrinelli) e ne L’inquilino del terzo piano di Roman Polanski e ti ritrovi a considerare che questo lavoro in realtà ti sta facendo impazzire dal piacere; la fatica è ripagata. Per quanto si tratti di un libro di dolore senza speranza nel primo caso, e del film più di terrore che abbia mai visto nell’altro.