L’anaconda perché mi pareva ben potesse significare “scandalosa bestia”, e mi serviva un’immagine per lo scandalo di cui volevo parlare. Mi tocca precisare: scandaloso non il rettile in sé ma la simbologia fallica che i serpenti incarnano nell’immaginario collettivo. Mi dovevo servire, su un piano simbolico, del livello di scandalo che può essere raggiunto e provocato nella percezione comune dall’ostentazione e dall’ostensione in piena luce di un fallo dalle dimensioni “grandiose” (un anaconda appunto) per richiamare l’attenzione su quanto davvero e unicamente merita la qualifica di “moralmente scandaloso”: la violazione dell’intimità operata da una determinata struttura sociale (hegelianamente uno stato, pasolinianamente un potere). Ho cercato quindi di raccontare - articolando sul doppio motivo della reclusione/occultamento del “brutto” e del decoro nelle sepolture dei morti - il conflitto storico, eterno e immanente, tra valori sociali (più o meno legittimi e condivisibili) esteriori, da un lato; e dall’altro le ragioni intime (allo stesso modo più o meno legittime e condivisibili) profonde, notturne e irrazionali come le potenze buie, di chi teme più di ogni altra cosa l’esposizione “agli occhi di tutti” delle proprie miserie e vergogne o anche, puramente e semplicemente, della propria intimità. Se, in definitiva, mi ritrovo a raccontare la mia società, questo accade non per programma concepito a tavolino ma per una sorta di emersione ineluttabile della società stessa, manifestazione la cui prepotenza è tutta nelle spinte ascensionali prodottesi con l’adozione di quella precisa chiave.