La tomba della Nonna era tenuta molto bene. Talvolta mondavamo i lillà, talaltra i gelsomini. Portavamo sempre delle rose. Era l’unico lusso di casa nostra. Cambiavamo l’acqua dei vasi, lucidavamo i vetri. Dentro, pareva un teatrino, con quelle statuette colorate e le tovaglie di trina vera. Mia madre ne aggiungeva sempre delle nuove, era la sua consolazione. Curava l’interno nei più minuti particolari.

Mentre facevamo le pulizie, non smetteva di singhiozzare … Caroline non era lontana, lì sotto … Io ripensavo, ogni volta, ad Asnières … A tutto il daffare che s’era data laggiù, coi suoi inquilini … La rivedevo, per così dire. La tomba aveva un bell’esser lustrata e risciacquata ogni domenica, saliva egualmente d’in fondo un certo strano odorognolo … pepatino, sottilino, agrolino, insinuante … che quando l’hai sentito una volta … lo risenti poi dappertutto … nonostante i fiori … nel profumo stesso … addosso a te … Ti avvolge … vien dal buco … credi di non sentirlo più. E invece, rieccotelo! … Toccava a me andare a riempir le brocche per i vasi .. Una volta finito … io non dicevo più nulla … Sentivo ancora un pochetto sullo stomaco la puzzetta … Chiudevamo l’usciolo .. Dicevamo le preghiere … C’incamminavamo verso Parigi …

[…] A me, di colpo, veniva voglia di rigettar tutto quanto per la strada, … Non riuscivo a pensare ad altro che a vomitare … Pensavo alla galantina … Alla testa che doveva aver lì sotto, adesso, Caroline .. a tutti i vermi … quelli grassi grassi … grossi con certe zampe … tutti lì a rodere … a brulicar dentro … Tutto lo sfasciume .. milioni di vermi in quel pus ribollente, il vento che pute …

Louis-Feridnand Céline

Mort à crédit

traduzione di Giorgio Caproni