mi chiedo se non sono diventato alle volte il cliché dello scrittore squattrinato con l’assillo dell’affitto da pagare, una discreta riserva di rancore destinato ai lettori, e due parole sempre a portata di mano per deplorare il sistema culturale. senza dimenticare il non trascurabile dettaglio del capolavoro certamente pronto per essere dato alle stampe che tuttavia giace ancora inerte tra le altre sue cartule, misconosciuto, esanime, prossimo alle prescrizione come un verbale di multa mai notificato.

essì che protervo come sono non credo né alla scadenza né alla natura sanzionatoria (di eventuali trasgressioni) della mia opera, connotati a causa dei quali sarebbe già bollata come effimera o velleitaria, e l’autore segnalato come il più pernicioso degli appartenenti alla schiatta dei moralisti, numerario alla conventicola dei soloni sempre pronti a fornire plantari correttivi non richiesti, organico alla gens dei fanatici depositari nonché esimi illustratori dell’ideale di Giustizia, riuniti in cupola. (a proposito, appartenni all’IDV, mi svilii per bene e ora son più relativista del re).

ecco, a furia di restare relegato nell’autoreferenzialità potrei anche convincermi di essere uno di quella razza lì, però che si sappia: io non ho mai scritto di Michelino, Dàniel, Ninì, Gerardina, Corrado, Vita Maria, Innocenza, etc., pensando di essere migliore di loro. tutt’altro: io mi sono abbassato al loro infimo livello, e lì, impiombato, sto.