la fiumana di ragazzi prende a danzare. Sul palco si sono sistemati i Darawish: suonano la musica di Gerusalemme. Viene fuori la melodia dei sagrifizi a dio. I musulmani neri pure, hanno formato un cerchio e ora coreagrafano la loro spiritualità; c’è dell’esotismo nei muscoli che si dilatano, si flettono e si contraggono, stampando le evoluzioni sulla stoffa delle loro tuniche. Sgambettano come eleganti bestiole del Sahara. C’è aria di fratellanza e di promiscuità. Il medioriente più seducente si libra dagli strumenti dei suonatori, ed è musica che cerca dio, che va a rovistare nel santosepolcro, che si prostra al richiamo del muezzin, che s’infrange contro il murodelpianto. Il vocalist sta cantando che devi liberarti d’ogni cosa: tu non possiedi niente, tu non sei questo che vedi perché sennò non sei niente, esci da ciò che sei e sarai molto di più, guarda fuori di te danzare i tuoi anni pieni di speranza, non chini e non vinti, non c’è niente che abbia il potere di annichilire la tua corsa verso la conquista di due metri di gioia. C’è aria di dio. Dio, ti uso la maiuscola, Dio, se mi vieni in soccorso in questa serata, in questa moschea tempio della liberazione dalle some convenzionali.