Alloggiavo in una pensionaccia di via Nizza. Ero a Torino per presentare Ghiandole alla Fiera Internazionale del Libro. Fissata in Piazza Italia, alle ore 14,00 del secondo giorno della kermesse, la presentazione collettiva degli autori della collana on the road (Prospettivaeditrice) mi chiamava a discettare di romanzo o letteratura (o giù di lì) generazionale. Ma questa era solo la punta dell’iceberg, diciamo la versione più consolatoria. Quel che poco si sa è che per la pubblicazone del mio libro avevo dovuto scucire 1200 euro, pagati in tre comode rate bimestrali di 400 euro ciascuna e, per la partecipazione in Fiera in veste di autore, mi era stato richiesto dall’editore la stipula di un contratto di agenzia con Interrete, gestita da un altro autore della stessa scuderia prospettica, contratto in cui si pattuiva un mio correspettivo di 750 euro a fronte di un’attività promozionale che non ha prodotto alcun risultato perché non c’è mai stata.

“Sacco, ma il contratto con Interrete non l’hai ancora fatto?” mi telefonò l’editore.

“No.”

“Muoviti, allora, sennò non posso accreditarti per la Fiera.”

Si trattava quindi solo di una dazione di testoni propedeutica alla partecipazione al Salone. Sapevo benissimo che avrei fatto meglio a starmene a casa a guardare il Giro d’Italia che iniziava proprio in quei giorni. Ma volli essere della partita. Non me ne pento anche perché mentre cenavo in solitudine nel ristorante sardo gestito dalla stessa pensione ebbi modo di conoscere i miei due vicini di tavolo. Due ragazzi di Novara che erano stati in Fiera per il loro puro piacere di lettori, i quali, ascoltando un mio resoconto telefonico della giornata, mi attaccarono un bottone di amicizia.

Così ho conosciuto Peter. Nell’agosto dello stesso anno fui ospite di Peter a Novara. Tra le altre cose facemmo una gita lungo il lago Maggiore fino poi in Svizzera. Questa gita meriterebbe di essere raccontata per bene solo per la varia umanità incontrata per strada e nelle soste e per il nostro particolare stato d’animo nell’estate del 2006, ma qui non c’è modo di farlo. Dico solo che in una pizzeria sul lago, dove ci fermammo a prendere un birra intorno all’una del pomeriggio, la signora calabrese che gestiva il posto, chiacchierando con quelli che dovevano essere i suoi unici avventori della giornata, si informò su di noi e sui motivi di quella nostra escursione. Per poi concudere con:

“Embè, fate bene. L’amicizia è sagra.”