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Lunedì 4 agosto, a Modugno si parlerà di queste e di altre “corrispondenze d’amorosi sensi”. Ore 19.30, Libreria Paideia

Amaduzzi poggiò la mano sul registro. “Questi sono i verbali della prima commissione della circoscrizione che dirigo. Siamo alla quarta seduta consecutiva sull’area verde attrezzata per cani, si discute e ridiscute, senza costrutto e senza metodo …”.

[…]

“E a me di queste storie che me ne fotte?” grugnì Lovero unendo all’insù le dita di una mano e portandosele verso il petto, più volte.

“Fai finta di non capire? I temi da trattare sono sempre insufficienti per giustificare le sedute delle commissioni, e quindi i consiglieri cercano di spolpare al massimo quei pochi argomenti su cui è richiesto un parere, allungando il brodo con le più inverosimili giustificazioni: lo scopo? Dedicare alla materia il maggior numero di sedute possibili, per incassare i gettoni di presenza, più i rimborsi alle aziende di cui sono dipendenti”.

[…]

“E va bene, mi hai convinto. Me ne occuperò io”.

“Come ti pare, aspetto e spero! Intanto, per quanto mi riguarda, da questo mese bloccherò il pagamento dei gettoni di presenza ai consiglieri, e per quelli già liquidati farò intervenire la guardia di finanza!”.

“Hai proprio ingranato la quarta … Non vorresti concordare il da farsi?”

“Io non concordo un bel niente” sbraitò il dirigente.

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SUDCRITICA

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ITALIA. MODUGNO. IL TESTACODA DEL BICEFALO (da SudCritica)

di an. bu.

Drago a due teste FFIII

Il caso di un partito a guida bicefala che spadroneggia ovunque in Italia, a iniziare dal governo centrale, infierendo sulla Costituzione. E il caso di una città del meridione d’Italia, più o meno piccola, in cui è successo, un anno fa, che le ‘amministrative’ le abbia vinte, per una volta, la Costituzione. Qui, al partito bicefalo tocca “giustamente” e coerentemente opporsi; qui quel partito si agita spasmodicamente per non farsi prosciugare della sua sostanza vitale e si applica alle questioni locali seguitando a infierire sulla Costituzione. Perché la Costituzione, non avendo riguardo per gli affari di clan, disgraziatamente per quel partito, non può avere riguardo per i suoi finanziatori.

Perché governare un paese come Modugno secondo legalità costituzionale significa adoperarsi per recuperargli uno stato di diritto. Questo è un programma (politico) la cui attuazione - già abbondantemente avviata ma sempre sul punto di essere interrotta da appetiti famelici - non si veste di insegne sfavillanti. Piuttosto, invece, questo programma va silenziosamente rimuovendo pratiche costumi e simboli di un passato, incostituzionale a dir poco, che ancora vive in molti aspetti del presente stato di cose. E man mano che faticosamente si ripristina la legalità costituzionale a Modugno, processi residuali e perduranti, di tenebrosa natura, tentano colpi di coda, accelerazioni improvvise, soprassalti e assalti veri e propri, per riprendersi la cosa pubblica e tornare ai bei tempi indimenticabili in cui la cosa pubblica veniva spremuta, prosciugata, a lungo impunemente, per fare così la fortuna di pochi. Si tratta del partito dell’ancien régime, sedicente riformista in tutto il territorio nazionale, furiosamente restauratore in quel di Modugno e in qualche altro angolo della nazione in cui magari non gli riesca di prevalere. Un partito bicefalo e proteiforme, spregiudicatamente versipelle, e sol per questo capace di affermare tutto e il contrario di tutto nelle sedi assembleari istituzionali in cui sarebbe chiamato a fare politica, dal Parlamento italiano ai vari consigli regionali, provinciali e comunali. Ma ogni aggettivo è sprecato se non si dice a chiare lettere che più che di un partito politico qui si parla di un potere oligarchico, tanto più smanioso e rabbioso quanto più dal paesaggio, da Modugno per esempio (nel quale ha esercitato la sue prepotenze e tuttora vorrebbe esercitarle), vanno scomparendo finanche i simboli di quel suo potere.

Il partito-idra, espressione del potere oligarchico, ritiene generalmente se stesso sciolto dalle leggi e, nella presunzione di sentirsi il maggior conoscitore delle leggi non scritte, più intime e profonde della sua comunità, promuove un’idea di comunità anch’essa sciolta dalle regole. Si propone così come unico depositario delle formule “per il bene comune”, confidando con ciò di poter dettare ai suoi sudditi - ai quali vien fatto credere di essere parte di una grande famiglia - la costituzione che più gli aggrada, cioè quella che, in realtà, meglio soddisfa l’interesse dei clan. Il rapporto diretto suddito-sovrano che così si vuole reiterare, dovrebbe rimuovere le istituzioni, smarrirle finché non se ne vede più l’origine. Il patto associativo originario, la Costituzione, sostituito con promesse, scorciatoie, espedienti.

Promesse, scorciatoie, espedienti adottati e accettati finora senza lungimiranza alcuna, che hanno permesso ai soliti pochi di spolpare il paese.

In effetti quel potere oligarchico quando indossa il vestito buono della politica sale in cattedra per impartire la seguente lezioncina: “Che c’entra il rispetto della Costituzione? Quello è scontato, bisogna invece fare le scelte politiche”. Quasi che la Costituzione sia un centrotavola o, chissà, una bella giornata di primavera, una parentesi del bello e del buono che però resta estranea alle lacrime e al sangue di tutti i giorni e al gioco sporco a cui sembrerebbe invece necessario adattarsi. Appena fuori dalle sedi istituzionali, invece, dopo aver trovato tempo e modo di discettare anche di codici etici, il partito-idra procede all’ennesimo cambio d’abito e si mette a scorribandare, all’inseguimento dell’interesse egoistico o di clan. E ancora, avantindrè!, nuovo travestimento per il ritorno nelle sedi del dibattito pubblico, dove innalzarsi ancora e propagandare, in spregio al senso del ridicolo, la cura degli affari propri come visione e applicazione del bene comune. Bene o male, però, l’opinione pubblica riesce ad apprendere che la strenua difesa di aziende appaltatrici del Comune, in inspiegabile regime di multiproroga dalla notte dei tempi, o di un’urbanistica sregolata, non può e non deve coincidere con il bene comune, così come quel potere pretende di comunicare; l’opinione pubblica bene o male lo capisce, che chi usa violenza inquisitoria e riserva sistematici linciaggi in danno di trasparentissimi soggetti operanti per la trasparenza, per la sottrazione di privilegi e di discrezionalità insopportabili, non può essere, non può fare il bene della città. Al cittadino una parte di tutto questo ancora arriva grazie a una Costituzione coriacea momentaneamente al governo del piccolo paese. Ma il potere che si crede sovrano è feroce e della verità nulla vuole lasciar trapelare, così tra un’ingiuria e l’altra srotola i suoi tentacoli più nevrotici per sporcare quanto più di più pulito il paese abbia mai avuto. L’idra ha da restare avvinghiata alla macchina che la nutre, l’idra ha da sopraelevarsi. Il partito bicefalo sillaba il copione preconfezionato dal potere oligarchico e mette alla gogna chi crede nell’unico preconfezionamento ammissibile, quello scritto nella legalità costituzionale.

Chi ha voluto il ritorno della Costituzione, a Modugno, ha chiesto e ottenuto di essere amministrato da una compagine nuova che trova sinceramente convincente la Costituzione e ne vuole scrupolosamente attuare i principi. Il cittadino modugnese confida che il suo amministratore smonti pezzo a pezzo un sistema che si regge su rapporti assolutistici e auspica che si realizzi, ad esempio, l’articolo tre della Carta, l’articolo che gli promette l’emancipazione vera e gli consente di mettersi alle spalle quel sistema di relazioni sociali ed economiche di stampo feudale che proprio a Modugno ha messo le sue radici.

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L’architettura pastrufaziana dell’Ing. Gadda

Di ville, di ville!; di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchón – orto, frutteto, garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzonero oltre settecento ettolitri: – esposte mezzogiorno, o ponente, o levante, o levante-mezzogiorno, o mezzogiorno-ponente, protette d’olmi o d’antique ombre dei faggi avverso il tramontano e il pampero, ma non dai monsoni delle ipoteche, che spirano a tutt’andare anche sull’anfiteatro morenico del Serruchón e lungo le pioppaie del Prado; di ville!

Di villule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville rustiche, di rustici delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, i vaghissimi e placidi colli delle pendici preandine, che, manco a dirlo, «digradano dolcemente»: alle miti bacinelle dei loro laghi. Quale per commissione d’un fabbricante di selle di motociclette arricchito, quale d’un bozzoliere fallito, e quale d’un qualche ridipinto conte o marchese sbiadito, che non erano riusciti né l’uno a farsi affusolare le dita, né l’altro, nonché ad arricchire, ma purtroppo nemmeno a fallire, tanto aveva potuto soccorrergli la sua nobiltà d’animo, nella terra dei bozzoli in alto mare e delle motociclette per aria. Della gran parte di quelle ville, quando venivan fuori più «civettuole» che mai dalle robinie, o dal ridondante fogliame del banzavóis come da un bananeto delle Canarie, si sarebbe proprio potuto affermare, in caso di bisogno, e ad essere uno scrittore in gamba, che «occhieggiavano di tra il verzicare dei colli». Noi ci contenteremo, dato che le verze non sono il nostro forte, di segnalare come qualmente taluno de’ più in vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastità del ferragosto americano: ma il legno dell’Oberland era però soltanto dipinto (sulla scialbatura serruchonese) e un po’ troppo stinto, anche, dalle dacquate e dai monsoni. Altre villule, dov’è lo spigoluccio più in fuora, si drizzavano su, belle belle, in una torricella pseudosenese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo o quasi, un po’ come dei rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioè squamme d’un carnevalesco rettile, metà gialle e metà celesti. Cosicché tenevano della pagoda e della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra l’Albambra e il Kremlino.


Poiché tutto, tutto! era passato pel capo degli architetti pastrufaziani, salvo forse i connotati del Buon Gusto. Era passato l’umberto e il guglielmo e il neo-classico e il neo-neoclassico e l’impero e il secondo impero; il liberty, il floreale, il corinzio, il pompeiano, l’angioino, l’egizio-sommaruga e il coppedè-alessio; e i casínos di gesso caramellato di Biarritz e d’Ostenda, il P.L.M. e Fagnano Olona, Montecarlo, Indianòpolis, il Medioevo, cioè un Filippo Maria di buona bocca a braccetto col Califfo: e anche la Regina Vittoria (d’Inghilterra), per quanto stravaccata su di un’ottomana turca: (sic). E ora vi stava lavorando il funzionale novecento, con le sue funzionalissime scale a rompigamba, di marmo rosa: e occhi di bue da non dire, veri oblò del càssero, per la stireria e la cucina; col tinello detto office: (la qual parola esercitava un fascino inimmaginabile sui novelli Vignola di Terepáttola). Coi cessi da non poterci capire se non incastrati, tanto razionali erano, di cinquantacinque per quarantacinque; o, una volta dentro, da non arrivar nemmeno al sospetto del come potervisi abbandonare: cioè a manifestazione alcuna del proprio libero arbitrio. Ché, per quanto libere, sono però talvolta impellenti e dimandano, comunque, un certo volume di manovra. Con palestra per i ragazzi, se mai volessero cavarsi lo sfizio; non parendogli essere abbastanza flessuosi e snodati tra una bocciatura e l’altra, tra il luglio e l’ottobre. Con tetto a terrazzo per i bagni di sole della signora, e del signore, che aspiravano già da tanto tempo, per quanto invano, sia lei che lui, alla bronzatura permanente (delle meningi), oggi così di moda. Con le vetrate a ghigliottina uno e sessanta larghe nel telaio dei cementi, da chiamar dentro la montagna ed il lago, ossia nella hall, alla quale inoltre conferiscono una temperatura deliziosa: da ova sode.

La cognizione del dolore

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La condivisione riciccia sempre

Avvisoforte!!!!

La parola “condivisione” fiorisce sempre sulle labbra dei padronoidi.

Ti sto asservendo, ti sto feudalizzando e pestando a sangue ma ho bisogno di raccontare un’altra storia ed ecco che la condivisione mi precipita sulla lingua.

Spezziamo il pane e rendiamo grazie, a omelia ben sciorinata, l’eucaristia l’è fatta. E sulla Costituzione sia fatta la volontà del Signorino.

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L’ombelico del mondo

Ingredienti per trionfare al premio letterario “Ilmondoruotaattornoannoi”

“Io vado con Renzi alle primarie, così io e te mettiamo un chip anche lì.” Franceschini a Letta

“Ogni volta che gli parlo lo convinco che non deve diffidare di me. Enrico, stai sereno. Poi però legge i giornali e ricomincia.” Renzi

“Napolitano dovrebbe liberarci di Letta.” Squinzi

“Letta ha fatto un grande lavoro.” Renzi

“La direzione rileva la necessità e l’urgenza di aprire una fase nuova, con un nuovo esecutivo che abbia la forza politica per affrontare i problemi del paese con un orizzonte di legislatura.” O’piddì

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Ma oggi è Natale

Buona cappotto e buone scarpe

Qual è la storia a cui sempre si torna

L’origine che non dilegua

funghi patogeni, letteraria, minimi sistemi

letture farmocologiche

 lo spiritato l’era imperialescamente grattato e tirato a pruriggine dal plauso d’un poppolo di quarantaquattro milioni di miliardi di animalini a cavattappo.

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testa dell’acqua

[... i suoi lo venerano come una divinità. è capo di un impero di qualche miliardo di euro. dappertutto c'è e dappertutto è un fantasma. Oggi ha più prestanome lui nella provincia che quanti ne abbiano i capi delle associazioni criminali. amministratore delegato, di fatto, di aziende turistiche e agricole, vinicole e di ristorazione, di smaltimento rifiuti, calcestruzzo, movimento terra, grande distribuzione, di impianti eolici e fotovoltaici, di ospizi per anziani e case di cure. è proprietario di palazzi e negozi, è il ras degli appalti pubblici, porti, strade, edifici governativi. sono affari di famiglia ... figlio di un campiere di latifondisti, da giovane scavezzacollo andava in giro su una Porsche ed esibiva Rolex, con la maturità e la responsabilità di tenere in piedi una associazione criminale in crisi di vocazioni si è trasformato in un grande manager del popolo mascalzone e di se stesso. un uomo di successo anche in tempo di crisi ... com'è diventato Paperon de' Paperoni l'imprendibile? Grazie agli amici che lo adorano e fanno tutto per lui. come uno degli arrestati di ieri conosciuto come il berlusconi del luogo per quanti soldi faceva girare insieme alle sue ruspe ... o come l'altro che concedeva pacchetti di voti - noto il suo locale movimento politico- al miglior offerente, centrodestra e centrosinistra, prima a quello dell'ex Governatore, poi all'attuale, poi ancora ai Democratici riformisti della regione dell'ex ministro ... gli danno la caccia ma non riescono mai a prenderlo. ci vanno vicino, sentono il suo odore, ma lui non si fa acchiappare ... ]*

*ritratto del boss di cosa nostra matteo messina denaro, latitante da vent’anni

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Basta, salgo in cattedra!

Eppur si tace. Una immane rimozione collettiva.

  1. paradosso formidabile e certificazione di un’agonia: costituzionalizzata l’autodistruzione della democrazia

  2. Draghi dell’indipendenza

  3. La Lingua morta del Potere. Massacrati ma da un progetto condiviso

  4. I compositori lirici del Governo e il Bilancio dello Stato. Una relazione impossibile

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