letteraria, minimi sistemi

Il mattone di Calvino. 60 anni dopo

Un paese che se ne va sotto il cemento.

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le torsioni dell'anaconda

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Al mattino, Seba, il serpentone lo vide formarsi e cominciare a scorrere molto lentamente. Countinua a leggere »

le torsioni dell'anaconda

Pensare la vita

I vespilli dentro agli occhi, le loro uova tra le ciglia. Grappoli d’uova che gravano sulle palpebre e rendono intollerabile il mantenere gli occhi aperti. Un pensiero che si muove tra l’incoscienza e la biologia che resta. Vita pensa. Ancora qualcosa pensa e ricorda. Pensa alla vita della memoria, questa realtà di ricordi che come microorganismi guardati al microscopio ancora si dibattono, si affollano in un punto e poi si separano, corrono a pazza velocità e si schiantano contro le sbarre di una prigione, prigione alla quale l’involucro Vita, un tempo, prese gusto. Ricordarsi di quanti anni sono. Dieci anni che non parla con nessuno, a parte i monosillabi duri che si è riservata nel tempo per suo fratello e per sua madre. Dieci anni chiusi in casa e la materia da ricordare che vola via. Presto non c’è stato più niente da ricordare, solo l’immaginazione da far lavorare. Dimenticarsi di essere stata un membro della specie umana, un uomo. E immaginarsi di essere stata un tempo una donna. Ricordare e immaginare. Dimenticare e continuare a immaginare. È troppo, l’immaginare. Per avere presa sulla realtà, inesorabilmente sfumata negli anni, aveva immaginato ladri in casa, furiosi conflitti fuori, guerre di liberazione, disastri, apocalissi salvifiche. Countinua a leggere »

le torsioni dell'anaconda

la cognizione dell’antidolorifico

di punti corradi son pieni i pirobutirro’s

letteraria

un caso modugnese di Letteratura dell’esilio

Capitolo Cultura a Modugno: si dessero le condizioni per un gran bel repulisti di banalità e frasi fatte, in questa città si perverrebbe alla felice scoperta che la realtà è ben oltre ogni immaginazione. Già, perché l’immaginazione pare attossicata dal luogo comune, e questi altro non sarebbe che idea approssimativa, quando non del tutto falsa, della realtà culturale, dunque ‘idea ricevuta’ sullo stato dell’arte locale. L’altra faccia di un conformismo che se fosse spazzato via (cara grazia) lascerebbe posto ad una sola, bellissima reazione: di stupore di fronte a un patrimonio “di cui non se ne ha l’idea”. Appunto.

“Qui non c’è niente, qui non c’è cultura o nessuno la fa”, sarebbe la prima pertinace convinzione a finire a gambe per aria.

Ciò che manca, invece, manca del tutto, manca in senso criminale, è una volontà politica, un principio organizzatore, un orizzonte, un disegno anche di corto respiro; a mancare drammaticamente, in due parole, sono le Politiche Culturali. Precisazione, anche questa niente affatto originale, ma utile non soltanto a erodere terreno al qualunquismo endemico, a sottrarre argomenti a quel luogocomunismo in servizio permanente effettivo che tutto confonde e annega, ma pure anche a reagire nei confronti di chi, dalla imprecisione e dalla indeterminatezza dei concetti – ciò che corrisponde all’azzeramento della coscienza critica -, ha tutto da guadagnare. Primo: non fornire alibi a coloro che già fomentano l’anestesia di massa e che a questa rinuncerebbero solo potendo promuovere un analfabetismo di ritorno.

Si vuole qui segnalare come la scena cittadina sia fitta di ‘attori culturali’: una moltitudine di soggetti (al netto di coloro che lo fanno velleitariamente) che si cimentano in ‘imprese culturali’: poeti, romanzieri, attori, registi per il teatro e per il cinema, danzatori, musicisti e pittori. Molti di questi hanno raggiunto traguardi di una tale rilevanza, addirittura internazionale, da poter essere considerati artisti di vaglia, talenti certificati, ove mai ce ne fosse bisogno, da palmares e onorificenze. Inutile sottolineare come tutto questo (le loro opere, la loro arte) succeda nel totale disinteresse e della città che se n’infotte e delle sue istituzioni, fatti salvi quei passaggi doverosi in cui ‘il fatto importante’ viene notiziato – e magari accompagnato da certo cinismo propagandistico.

Meteore. Meteore per Modugno ma non certo per chi di quel talento, di quella professionalità, di quella risorsa si avvale ogni giorno e, così facendo, la valorizza e la fa fruttare.

Un caso emblematico per tutti: Tommaso Di Ciaula. Scrittore (di poesia e di narrativa) di statura elevatissima, degno di essere collocato tra i giganti della letteratura italiana contemporanea – chi scrive, mentre scrive, temendo di averla sparata grossa, ci pensa su e … e non è che veda in giro tutti ’sti giganti e sì comunque, Tommaso Di Ciaula ben figurerebbe insieme a quei pochi viventi capaci di Letteratura in Italia.

Bene, occorre motivare un giudizio tanto esaltante. Occorre andare a vedere dove sta la sua grandezza. E mostrarla. E se dovessimo riuscire a dimostrare come e qualmente l’autore di Tuta blu meriti di essere considerato uno dei più importanti scrittori italiani, il passo successivo sarebbe quello di gridare allo scandalo per la difficoltà (di reperire i suoi libri) in cui s’imbatte oggi chiunque voglia accostarsi alle sue opere. Dopodiché sarebbe inevitabile invocare un’iniziativa ‘politica’, almeno sul piano locale, per tentare il rilancio o una nuova diffusione dei suoi scritti. Countinua a leggere »

letteraria

Macchine, carcasse e carcasse di macchine

Massimina è il buco nella schiena di una statuina rubata, il tarlo di un sistema che doveva spiegare una volta per tutte, e scientificamente, genesi e palingenesi dell’esistenza; questa meravigliosa figura di donna rappresenta la falla che fa naufragare il sistema di regole che si pretende presiedano all’ordine e all’evoluzione dell’Umano. È Massimina l’inceppamento della/nella macchina. Sempre Massimina ad ingrippare l’ente motore.

Come dai congegni automatici “si ottiene un rendimento che oscilla tra un massimo ed un minimo” e “così anche in ogni concetto”, questo libro spinge avanti concetti che presentano l’oscillazione tra un massimo dell’affermazione dell’amore e dell’amicizia e un minimo della loro negazione. “Due estremi che compongono contemporaneamente il risultato e che rinviandoselo l’un l’altro lo mandano avanti”. Come dire che mandano avanti una storia e un romanzo.

L’ambiguità piena di Anteo Crocioni non consiglierebbe di tracciare ulteriori specificazioni alla materia romanzata. Nella vicenda dell’essere umano che ci racconta per dritto e per rovescio come non sappia egli stesso che cazzo ci fa sulla terra e ciò nonostante accanitamente si interessa della sorte dell’uomo, egli uomo ci smena da un lato la volontà ordinatrice che spieghi le regole dietro le quali corre l’evoluzione, dall’altro l’insensatezza/follia dilagante fuori e dentro di lui, suo malgrado. Ma oggi chi affronta queste poderose tematiche nel Romanzo?

Sarebbe fuorviante giudicare Anteo tutto positivo e magari anche martire. Volponi delinea un uomo, e un sistema con lui, fallace come gli altri, come tutta la “povera umanità incagliata”. La sua accademia per l’amicizia di qualificati popoli fa acqua in più di un punto e a maggior ragione quando sconfina nell’auspicabilità di una società comunista. È di non poco momento, infatti, il brano in cui, messo di fronte al giudice, Anteo (che fino a quel momento aveva risposto per le rime a tutti) incassa un colpo mica da ridere visto che Volponi, con astuzia di scrittore, non fornisce al suo personaggio le parole per una replica puntuale al “presidente del tribunale” che gli va rimproverando la rigidità della società comunista. Lì l’autore lascia a noi d’immaginare come Anteo in qualche misura barcolli. Quel che importa rilevare invece è che il giudice gli rimproveri proprio la società perfettamente comunista, non solo le degenerazioni partitiche impennacchiate di comunismo. Countinua a leggere »

altri spot

All Inclusive

La mattina c’è da tornare a carreggiare il bolide. Ninì si riprende che più lemme non si può.

I faticatori alle sei già lo aspettano a Matera, Altamura, Gravina, via via fino a Bari.

Fuori di casa, alle cinque di mattina è finalmente un po’ più fresco. Con bibitoni di caffè in corpo, la cacarella già evacuata in una sciolta, non rimane che recarsi alla rimessa.

Nel suo pullman sono sempre saliti ragazzi innamorati proprio andati, gli stessi che poi a sera rimontano e sui sedili ultimi si mettono a barcagliare con le fanciulle arrapati sditando su patonze appena appena date e cazzi fuori fuori sparati, strappano le tendine di tela già scolorite e si nettano la genitaglia incontinente.

Ci montano su anche signore grosse come quartare coi piedi doloranti ancora prima di cominciare la giornata; ragionieri d’accatto eleganti fino a rasentare l’insensatezza; gli scemi dei villaggi; il controllore che va per travesta e non vede l’ora di confidare al conducente come il pene abbia ormai occupato il territorio; lobbisti, accomandatari, semipotenti, marmaglia a colori di seventy nike, scaramellanti a tutta manetta, brontoloni vegliardi incazzati per chissà quale governo ladro, cinquanta e sessantenni fatti di viagra per molestare i fiorellini che segano la scuola. Ciurma in età da preghiera che oltretutto t’appesta l’aria con le buste spitterranti cavolfiori e focaccione fatte alla carlona e poi sudore copioso a vanificare ogni divieto di fumare, anzi tutti fumati, crakkati innamorati mezzoguitti ridenti cristonanti dropout musigialli tasconati descolarizzati fitusi settuagenari universitari plurisderenati dai docenti spallati e geniali che prima dell’ultimissimo esame ti dicono IN CULO! E via, lasciata la facoltà per anni per sempre per viaggiare sul crocierone di Ninì.

Gli uniposca poi, quelli son sempre saliti da soli, coi loro abbonamenti vitalizi alla società ferrotranviaria, sulle loro minuscole gambettine prendono posto e certosini intraprendono miniature e figurette di cazzi in bocca e cazzi in culo a iosa, poi tante scritte e messaggi tipo GIANNI FERRETTI III C SEI TROPPO SOMMO, U.C.N. W BARI, MARCO È SOTTOPOMPA DA NICLA, CIAO NICLA SAI CHE CI HAI UNA BELLA TECNICA RISUCCHIOSA MA PERÒ TALVOLTA MI FAI SENTIRE I DENTI BY MARCO, MERDOSO DI UN MARCO SAI CHE FAI GRATTA VIA LA MUFFA DA QUEL TUO GLANDE LORDO BY NICLA.

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ghiandola n. 90

Nel quartiere dove sto c’è tanta disgraziata marmaglia tra i quattro e i dodici anni che gioca, schiamazza, delinque, ricatta, bestemmia, ride, piange, sputa, impara, cade, si ferisce, non mi lascia tranquillo mai né concentrato sui libri.

Rizio, otto anni, da ieri ha un occhio bendato perché l’altro è pigro. La sua nuca, selvaggia di capelli sfoltiti troppo raramente, ondeggia tra le figure fanciulle e già racchiude pulsioni inconfessabili.

Me ne sto qui seduto su gradini lebbrosi e a scarsi metri da me Rizio sta raccontando il suo sogno di stanotte ad altri marmocchi.

Dice di essere stato messo incinto da un bambino suo compagno, Stefano, di sei anni. Ed è nata Arianna, partorita dietro un cinquecento parcheggiato qui nel cortile.

“Dice di averne fatti altri duecentociquanta”, rivela un altro, Michelino.

Rido mezzo sbalordito.

Osservo Rizio e penso che tutte le scintille negli occhi di tutta la letteratura mondiale, sono scoccate, o non saranno mai più scoccate, nell’unico suo occhio aperto, spento. Anche se azzurro.

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impietramenti

Mi sentivo fiero a mia volta di farmi vedere al suo fianco, ché ormai ero un attore che lavorava con Regista. Poi il conto lo sistemava lui.

[...]

Si andava alla Feltrinelli, mi faceva conoscere autori enormi che leggo ancora oggi. Acquistava una decina di libri e poi si tornava all’autosilo a ritirare la sua renò. Se ne usciva e si rinasceva al giallognolo artificiale della sera di Bari; al primo semaforo rosso lui si contorceva tutto per prendere la carrettata di libri deposta sul sedile posteriore per mettermene un quattro - cinque tra le mani, sigillando il gesto con un “questi sono tuoi”.

[...]

Avevo l’esame di statistica II – demografia in quel periodo e volevo dare morte violenta a trend, cicli, mortalità, zero natalità, nuzialità chi se ne frega, quozienti vari, flussi di popolazione, qualche pisciatina binomiale e buonanotte ai suonatori. Regista però non si voleva riprendere. Di giorno sembrava più sollevato, ma di notte tutt’altro, ero lo stesso e anche peggio di quel che ho detto, e chi era deputato a stargli vicino di notte, perché se si voleva essere artisti bisognava tirar tardi, ero sempre io. Mariella era un fantasma, un vestito di donna appeso dietro la porta della stanza di Regista.

letteraria

Summa ludica

Redigo, per gioco, la mia personale classifica dei libri letti nel 2010.

Ho pensato così: tre sezioni, una per l’attualità narrativa, una per la saggistica, una per i classici, ed i primi 5 classificati per ogni sezione.

Benché queste griglie non pretendano d’essere niente altro che un bilancio (neanche molto esaustivo) delle mie scelte nella veste di lettore - e in quanto scrittore, lettore in caccia di oggetti particolari, per sentieri contorti quandoché imperscrutabili –, sarei altresì curioso di calcolare medie ponderate con le panoplie dei libri più amati dai lettori di questo blog.

Precisazione: la sezione attualità non è appannaggio di libri pubblicati esclusivamente nel 2010 e mischia gli italiani con gli stranieri. Inoltre, la stessa risente della penuria delle letture fatte sulle pubblicazioni più recenti, essendomi dedicato molto di più ai classici. Questa la ragione per cui figura il dimenticabile Sorrentino. E d’altra parte, al quinto posto meglio lui che la terrificante inconsistenza di Io e te di Niccolò Ammaniti.

Attualità narrativa:

  1. SuttreeCormac McCarthy
  2. Tutta mio padreRosa Matteucci
  3. Signore e signoriAlan Bennett
  4. Ragioni per vivereAmy Hempel
  5. Hanno tutti ragionePaolo Sorrentino

Classici:

  1. Viaggio al termine della notteLouis Ferdinand Céline
  2. L’AdalgisaCarlo Emilio Gadda
  3. Morte a creditoLouis Ferdinand Céline
  4. GerminaleÉmile Zola
  5. FuroreJohn Steinbeck

Saggistica:

  1. Le AntigoniGeorge Steiner
  2. Scritti corsariPier Paolo Pasolini
  3. Sensi vietatiMassimo Onofri
  4. L’ingegnere in bluAlberto Arbasino
  5. Come scrivere un best seller in 57 giorniLuca Ricci

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