E tanto più dolor, che punge a guaio […]

A tutti quelli che diranno che Hereafter, l’ultimo film di Clint Eastwood, è una cacata.

Intanto è un film che riesce a tenere insieme due cose: 1) la conferma dello schema eastwoodiano qui illustrato; dunque, chi lo ha apprezzato in passato non se ne sentirà tradito. 2) l’originalità. Perché facendo di testa sua, cioè fregandosene come ha sempre fatto, Clint parte da un soggetto incentrato sul ‘paranormale’ e va coraggiosamente a raccontare la sua storia fino in fondo, a interrogarsi su cosa c’è dopo la vita, a esplorare il dolore e la morte. Mettendo in scena la solitudine di un sensitivo capace di entrare in contatto coi morti, con gli strapassati – come dice n’amico mio - , gli riesce bene un controfagotto al pernacchio costante di certa rozzezza atea e materialista. E gli riesce pure con ragguardevole finezza psicologica, senza tessere le lodi di alcuna religione istituzionale. Da vedere e rivedere l’ultima seduta del medium col ragazzino Marcus: sembra un duello alla Sergio Leone, una resa dei conti dove le pistole sono state sostituite dai dolorosi interrogativi esistenziali, e il bello è che sono quasi risolti nel qui e ora.

Intesi ch’a così fatto tormento / enno dannati i peccator carnali, /che la ragion sommettono al talento./ E come li stornei ne portan l’ali / nel freddo tempo a schiera larga e piena, / così quel fiato li spiriti mali: di qua, di là, di giù, di su li mena; / nulla speranza li conforta mai, / non che di posa, ma di minor pena.