le torsioni dell'anaconda, letteraria
Io canto /2
Come fu che la divina, Beatrice Blasonai, addivenne alle pagine del Sacco.
Lo spiega lei stessa al mio amichetto immaginario al tempo in cui questi fu ratto in ispirito in lei medesima:
‘O anima cortese mantovana, / di cui la fama ancor nel mondo dura, / e durerà quanto il mondo lontana, / l’amico mio e non de la ventura, / ne la diserta piaggia è impedito / sì nel cammin, che volt’è per paura; / e temo che non sia già sì smarrito, / ch’io mi sia tardi al soccorso levata, / per quel ch’i’ ho di lui nel ciel udito. / Or movi, e con la tua parola ornata / e con ciò ch’ha mestieri al suo campare, / l’aiuta sì ch’i’ ne sia consolata. / I’ son Beatrice che ti faccio andare; / vegno del loco ove tornar disio; / amor mi mosse, che mi fa parlare.
28 Nov 2010 Nicola 0 commenti

Le sepolture del giorno dopo la morte – rituali affrettati e ridotti al minimo, nessuna veglia, partenze dagli ospedali - non sono veri funerali. Ci buttano via; pietas nessuna. Di tutte le colpe delle accelerazioni, questa è una delle più forti in brutalità e nequizia. I morti sono qualcosa. Soffrono di questo subitaneo sgombro. In queste violenze impalpabili c’è un seme di sventure.
